Venerdì, 19 Aprile 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

IV DOMENICA DI PASQUA

PRIMA LETTURA (At 13,14.43-52)
Ecco, noi ci rivolgiamo ai pagani.

Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni, Paolo e Bàrnaba, proseguendo da Perge, arrivarono ad Antiòchia in Pisìdia, e, entrati nella sinagoga nel giorno di sabato, sedettero.
Molti Giudei e prosèliti credenti in Dio seguirono Paolo e Bàrnaba ed essi, intrattenendosi con loro, cercavano di persuaderli a perseverare nella grazia di Dio.
Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola del Signore. Quando videro quella moltitudine, i Giudei furono ricolmi di gelosia e con parole ingiuriose contrastavano le affermazioni di Paolo.
Allora Paolo e Bàrnaba con franchezza dichiararono: «Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. Così infatti ci ha ordinato il Signore: “Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra”».
Nell’udire ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola del Signore, e tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero.
La parola del Signore si diffondeva per tutta la regione. Ma i Giudei sobillarono le pie donne della nobiltà e i notabili della città e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Bàrnaba e li cacciarono dal loro territorio.
Allora essi, scossa contro di loro la polvere dei piedi, andarono a Icònio. I discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 99)
Rit: Noi siamo suo popolo, gregge che egli guida.

Acclamate il Signore, voi tutti della terra,
servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza.

Riconoscete che solo il Signore è Dio:
egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo.

Perché buono è il Signore,
il suo amore è per sempre,
la sua fedeltà di generazione in generazione.

SECONDA LETTURA (Ap 7,9.14-17)
L’Agnello sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita.

Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo

Io, Giovanni, vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani.
E uno degli anziani disse: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide col sangue dell’Agnello. Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro.
Non avranno più fame né avranno più sete,
non li colpirà il sole né arsura alcuna,
perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono,
sarà il loro pastore
e li guiderà alle fonti delle acque della vita.
E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi».

VANGELO (Gv 10,27-30)
Alle mie pecore io do la vita eterna.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».

IL SANTO DELLA SETTIMANA

1/san cataldo 1.jpgSan Cataldo Vescovo

Il 10 maggio la Chiesa ricorda San Cataldo, santo irlandese diventato poi vescovo di Taranto.

Cataldo, essendo stato professore e maestro di spiritualità, nella scuola e nel monastero di Lismore, fondati nel 630, deve essere vissuto con molta probabilità nel VII secolo.

I suoi genitori divennero ferventi cristiani grazie all’opera dei missionari venuti dalla Gallia.

Da loro Cataldo ricevette l’educazione e l’amore per la preghiera e lo spirito di sacrificio. Alla loro morte Cataldo decise di donare tutta la loro eredità ai poveri e divenne discepolo di Carthagh abate del monastero di Lismore, dove fu ordinato sacerdote. Nel 637, alla morte del suo padre spirituale, fu eletto alla guida del monastero e tre anni dopo fu ordinato vescovo. Tra il 679 e 680 si recò in Terra Santa, come pellegrino.

Secondo la leggenda, il santo sarebbe giunto a Taranto per volere divino.

Si racconta, infatti, che durante il soggiorno in Terra Santa, mentre era prostrato sul Santo Sepolcro, gli sarebbe apparso Gesù che gli avrebbe detto di andare a Taranto e di rievangelizzare la città ormai in mano al paganesimo. Salpando con una nave greca diretta in Italia, intraprese un lungo viaggio che lo portò a sbarcare nel porto dell’attuale Marina di San Cataldo, poco lontano da Lecce.

Sempre secondo la tradizione, il santo avrebbe lanciato un anello in mare per placare una tempesta, e in quel punto del Mar Grande si sarebbe formato un “citro”, cioè una sorgente di acqua dolce chiamata “Anello di San Cataldo”.

A Taranto compì la sua opera evangelizzatrice, facendo abbattere i templi pagani e soccorrendo i bisognosi.

In quel periodo egli si recò anche nei paesi limitrofi, tra cui Corato in provincia di Bari, di cui divenne patrono avendo per tradizione liberato la città dalla peste.

Morì a Taranto l’8 marzo del 685 e fu seppellito nella chiesa di San Giovanni in Galilea, allora duomo della città.

Fonti e bibliografie consolidate vogliono che il 10 maggio 1071, mentre si scavavano le fondamenta per la riedificazione della cattedrale della città, distrutta dai saraceni nel 927, sia stata ritrovata, sulla scia di un profumo inebriante, una tomba, contenente il corpo attribuito al Santo con una crocetta aurea su cui fu incisa poi la parola Cataldus.

Proprio quella data divenne il giorno della memoria del santo. Nel 1107 il vescovo Rainaldo traslò solennemente le reliquie sotto l’altare maggiore, mentre nel 1151 il vescovo Giraldo le mise in un’urna d’argento nel transetto destro. Dal ritrovamento del corpo il culto del santo si sviluppò e fu scelto come patrono della città.

A Taranto in suo onore fu fondata la Confraternita di San Cataldo nel XV.

La tradizione gli attribuisce numerosi miracoli.

Viene invocato contro le guerre, le epidemie e la morte improvvisa. Cataldo è patrono anche dell’arcidiocesi di Taranto e di quella di Rossano-Cariati e della città di Supino (FR), nel Lazio Meridionale, dove è compatrono e avvocato protettore e gli è dedicato un santuario nell’arcipretura di San Pietro Apostolo (unico in Italia al di là di parrocchie, chiese, eremi o grotte), è venerato, come titolare di chiese e di luoghi o ancora patrono, anche in molte altre località.

Daniela Catalano

Data: 09/05/2019



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