Giovedì, 18 Aprile 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

DOMENICA DI PASQUA - RISURREZIONE DEL SIGNORE

 DOMENICA DI PASQUA - RISURREZIONE DEL SIGNORE

IL COMMENTO DI DON DOGLIO  

PRIMA LETTURA (At 10,34a.37-43)
Noi abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.

Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui.

E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.

E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome».

SALMO RESPONSORIALE (Sal 117)
Rit: Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo.

Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».

La destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto prodezze.
Non morirò, ma resterò in vita
e annuncerò le opere del Signore.

La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.

SECONDA LETTURA (Col 3,1-4)
Cercate le cose di lassù, dove è Cristo

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési

Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra.

Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.

VANGELO (Gv 20,1-9)
Egli doveva risuscitare dai morti.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.

Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».

Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.

Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.

Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

LA SANTA

Oggi, 17 aprile, la Chiesa ricorda santa Caterina Tekakwitha, la prima pellerossa d’America a salire agli onori degli altari. E’ stata beatificata da Giovanni Paolo II il 22 giugno 1980 e canonizzata da Benedetto XVI il 21 ottobre 2012.

1/catteka.JPGNacque presso Fort Orange, odierna Albany, nel 1656 da genitori di due etnie diverse, il padre irochese pagano e la madre algonchina cristiana. Nel 1660 a causa di una grave epidemia di vaiolo rimase orfana, con il viso sfigurato e una grave menomazione alla vista. Fu accolta da uno zio paterno, nel villaggio di Gandaouagué, costruito dopo l’epidemia, con l’incarico di aiutare la moglie in casa e le fu dato il nome Tekakwitha che significava “colei che mette le cose in ordine”.

Quando doveva uscire, si avvolgeva in un ampio scialle per difendere gli occhi malati dalla luce del sole.

Nelle ore di riposo confezionava piccoli utensili domestici con le fibre delle radici o le cortecce degli alberi. Crebbe senza scuola e senza studio, amante della solitudine e del lavoro, praticando la virtù della castità. Nel 1667, dopo la pace tra gli Irochesi e il Canada, divenuto provincia francese, nella vallata del Mohawk, giunsero tre missionari gesuiti decisi a evangelizzare gli indiani.

I tre “vestenera”, come li chiamavano, furono accolti nella capanna dello zio di Tekakwitha, capo del villaggio. In quell’occasione parlarono alla santa di Dio e del suo infinito amore per gli uomini, conquistandola e convincendola a donarsi totalmente al Signore.

Quando in famiglia le proposero di sposarsi lei non accettò. Gli zii allora decisero di trarla in inganno.

Scelsero il fidanzato, stabilirono il giorno dell’incontro ufficiale e incominciarono a circuirla con insolite cortesie. Tekakwitha, intuito il piano, fuggì fuori della capanna. Da quel momento fu sottoposta a un trattamento molto duro. Lei trovava conforto nel frequentare la chiesa locale. Nella primavera del 1675, all’età di diciannovenne, conobbe un gesuita da poco giunto nel villaggio. A lui raccontò la sua triste storia e la sua irriducibile contrarietà al matrimonio e gli confidò il suo desiderio del battesimo.

Il gesuita, commosso, le promise che l’anno successivo le avrebbe dato il battesimo e così avvenne il 16 aprile 1676, giorno di Pasqua, quando le fu dato il nome di Caterina.

La sua famiglia, intanto, arrivò persino a minacciarla di morte e ad accusarla di avere una tresca con lo zio. Capito che il villaggio non offriva più sicurezza, Caterina con l’aiuto del sacerdote, fuggì nella missione gesuita di Salto San Luigi, ai confini tra il Canada e Stati Uniti, chiamata “Villaggio della preghiera”, dove vivevano cristianamente membri delle varie tribù degli irochesi, degli uroni e degli algonchini. Si distinse subito tra le altre giovani donne per la sua vita semplice e per la sua totale e continua unione con Dio.

Il giorno di Natale del 1677 ricevette la prima Comunione e pianse di gioia. Per la vita sempre più edificante che conduceva, i missionari le permisero di iscriversi all’associazione della Santa Famiglia.

Essendo contrario alle usanze delle giovani irochesi rimanere zitelle, anche la sorella adottiva cominciò a  parlarle di matrimonio.

Caterina, però, dichiarò che, a costo della miseria e della fame, sarebbe stata per sempre soltanto la sposa di Gesù. Portava sempre al collo il rosario che recitava ogni giorno, talora persino con i piedi affondati nella neve. Ogni sabato onorava Maria con speciali preghiere e mortificazioni. Meritò così il 25 marzo 1679 di consacrare pubblicamente e perpetuamente a Dio il candore della sua verginità.

Fino alla morte Caterina conservò intatta la sua innocenza battesimale, pregando e facendo penitenza.

Digiunava ogni mercoledì e sabato.

Due mesi prima di morire disse a un missionario che sarebbe andata in paradiso nella settimana santa.

Morì, il 17 aprile 1680, Mercoledì santo. La salma non fu posta in una corteccia di albero, secondo il costume indiano, ma in una cassa di legno. Le sue reliquie, dal 1719, sono custodite dai Padri Gesuiti a Caughnawaga, nella diocesi di Albany, in Quebec.

Data: 16/04/2014



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