Venerdì, 29 Marzo 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

PRIMA LETTURA (1Re 19,9.11-13)
Dal primo libro dei Re

In quei giorni, Elia, [essendo giunto al monte di Dio, l’Oreb], entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: «Esci e fèrmati sul monte alla presenza del Signore».
Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 84)
Rit: Mostraci, Signore, la tua misericordia.

Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:
egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli.
Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra.

Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo.

Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino.

SECONDA LETTURA (Rm 9,1-5)
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua.
Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne.
Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.

VANGELO (Mt 14,22-33)
Comandami di venire verso di te sulle acque.

+ Dal Vangelo secondo Matteo

[Dopo che la folla ebbe mangiato], subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.
La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».
Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».
Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».

COMMENTO

Dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci, riferita dal vangelo della scorsa domenica, ecco un altro gesto straordinario di Gesù, che cammina sulle onde di un mare in burrasca per raggiungere la barca dei discepoli. Essi lo scambiano per un fantasma e si impauriscono; per assicurarsi che sia proprio lui, Pietro gli chiede e ottiene di raggiungerlo camminando anche lui sulle acque. Pietro dunque cammina sulle acque, come il Signore: se il narratore dell'episodio avesse mirato a salvare la faccia al futuro capo della Chiesa si sarebbe fermato qui. Appare invece come una prova della sua attendibilità, raccontare che poco dopo Pietro si spaventa e comincia ad affondare: perché la sua poca fede l'ha indotto a dubitare, lo rimprovera Gesù, prendendolo per mano e portandolo in salvo sulla barca. Le riflessioni sulla nostra poca fede sono tanto ovvie da non doverle neppure esporre. Piuttosto, qualche parola è da spendere sul breve inciso che precede l'episodio: congedata la folla sazia di pane e pesce, Gesù "salì sul monte, solo, a pregare". Parecchie volte i vangeli accennano alla sua preghiera in solitudine, così socchiudendo una porta sulle profondità del suo mistero. Chi pregava, Gesù? e come, e perché? che bisogno ne aveva, se anche lui era Dio? Le domande si affollano, le risposte scarseggiano: ma qualcosa si può intravedere, perché qualche volta la sua preghiera è stata ascoltata, ad esempio nell'orto degli ulivi quando, alla vigilia della sua passione, egli chiese: "Padre, se possibile passi da me questo calice; però, sia fatto non come voglio io ma come vuoi tu", e ancora, appena prima di morire sulla croce: "Padre, nelle tue mani affido il mio spirito". Egli dunque si rivolge al Padre, consapevole della propria condizione di Figlio: sia come Dio, sia come uomo. Cercando a tentoni di intuire quello che resta un mistero, si può forse dire così: il Gesù-Dio, seconda Persona della Trinità ("Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, della stessa sostanza del Padre"), nel suo colloquio col Padre esprime l'intima comunione, la perfetta sintonia con Lui. Nel contempo il Gesù-uomo, che degli uomini condivide i limiti, si rivolge al Padre per chiedere quello che da nessun altro può aspettarsi. Egli sta di continuo in mezzo alla gente, quasi tutti amici, ma non gli basta parlare con loro; avverte la solitudine propria di ogni essere umano, e ne cerca il superamento solo là dove lo può trovare; dal Padre attinge la lucidità occorrente a compiere le sue difficili scelte, la determinazione a realizzarle, la forza per affrontarne i terribili costi. Noi non siamo diversi. Anche per noi arriva il momento di scelte difficili, di prove dolorose; anche noi, magari oscuramente, avvertiamo che nei nostri simili, per quanto amabili e arricchenti possano essere, non troviamo mai la piena soddisfazione delle nostre attese. Con la sua preghiera privata, nel suo intimo colloquio col Padre (suo e nostro, come egli insegna) Gesù indica a noi la via d'uscita. La preghiera – non solo quella pubblica e comunitaria, quale è la Messa – è necessaria, è vitale anche per noi. Può esprimere lode e ringraziamento, o richiesta di perdono, o implorazione di aiuto. La si può fare nei modi codificati (il Padre nostro e l'Ave Maria, i Salmi, il rosario o altre formule imparate a memoria) o con parole nostre, diverse secondo le circostanze; la si può fare in qualunque momento, prolungata quanto ci pare, in casa in chiesa o per la via: non importa. Nei momenti felici e in quelli infelici, ma non meno nella normalità del quotidiano, per chiunque sia consapevole della propria umanità la preghiera è imprescindibile, perché è forza e consolazione, è luce e sollievo. La preghiera è il respiro dell'anima.

IL SANTO

La Chiesa il 25 agosto ricorda la figura di Santa Patrizia che la tradizione dice nata da una nobile e ricca famiglia di Costantinopoli, forse imparentata con l’Imperatore Costante II che ha regnato tra il 668 ed il 685 d.C. Poiché il padre e l’Imperatore le vogliono imporre il matrimonio con un membro della dinastia imperiale, Patrizia lascia il lusso della casa paterna e, con la nutrice Aglaia e alcune ancelle, si reca a Roma dove riceve dal papa Liberio il velo della consacrazione verginale. Informata della morte del padre, torna a Costantinopoli per rinunciare ad ogni pretesa dinastica e distribuisce tutti i suoi beni ai poveri. Quindi, sempre con la nutrice Agliaia ed alcune ancelle, vuole recarsi pellegrina in Terra Santa, ma una terribile bufera spinge la nave verso Occidente fino al naufragio sull’isolotto di Megaride, vicino Napoli. Qui, in un eremo costruito tra le grotte, Patrizia fonda una piccola comunità femminile di preghiera ed assistenza ai bisognosi, ma, dopo improvvisa malattia, in breve tempo muore. Viste le scarse e tardive fonti, diventa difficile la sua data di morte che deve essere accaduta nella metà del VII secolo d.C.: di lei, comunque, resta per secoli l’Ordine delle Suore Patriziane che, inizialmente, hanno sede nell’antico monastero dei Santi Nicandro e Marciano a Napoli, dove Patrizia riceve la sua prima sepoltura. Nel 1864, però, le sue spoglie sono trasferite nel monastero della chiesa di San Gregorio Armeno, oggi nota ai napoletani anche come San Biagio Maggiore o, più popolarmente, come la chiesa di Santa Patrizia.  Le Suore Patriziane, intanto, progressivamente si estinguono ed il culto di Santa Patrizia è affidato alle Suore Crocifisse Adoratrici dell’Eucarestia che, dal 1922, sono attive nel monastero di San Gregorio. La venerazione di Santa Patrizia è legata al prodigio della liquefazione del sangue, un miracolo simile a quello di San Gennaro con il quale è copatrona di Napoli dal 1625, anno della sua santificazione. La festa di Santa Patrizia, ancora oggi molto partecipata dai napoletani, cade il 25 agosto, giorno in cui avviene la liquefazione del sangue della Santa.

Data: 06/08/2014



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