Venerdì, 19 Aprile 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

III DOMENICA DI QUARESIMA: Riflessione di Mons. Vescovo

Le letture della domenica  

PRIMA LETTURA (Es 3,1-8.13-15)
Io-Sono mi ha mandato a voi.

Dal libro dell’Èsodo

In quei giorni, mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb.
L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava.
Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio.
Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele».
Mosè disse a Dio: «Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi diranno: “Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?».
Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!».
E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io Sono mi ha mandato a voi”». Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi”.
Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione».

SALMO RESPONSORIALE (Sal 102)

Rit: Il Signore ha pietà del suo popolo.

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.

Il Signore compie cose giuste,
difende i diritti di tutti gli oppressi.
Ha fatto conoscere a Mosè le sue vie,
le sue opere ai figli d’Israele.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono.

SECONDA LETTURA (1Cor 10,1-6.10-12)
La vita del popolo con Mosè nel deserto è stata scritta per nostro ammonimento.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Non voglio che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto.
Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono.
Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.

VANGELO (Lc 13,1-9)

Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

IL SANTO

1/Leoluca.jpgSan Leoluca da Corleone

Il santo di questo settimana che la Chiesa ricorda il 1° marzo è San Leoluca, monaco basiliano, originario  della Sicilia, nato a Corleone tra l’815 e l’818 e battezzato con il nome di Leone.
I suoi genitori erano cristiani benestanti che ebbero questo figlio in tarda età, dopo tanta attesa e preghiera.
Completati gli studi, si dedicò a pascolare gli armenti paterni, passando lunghe ore in meditazione e in preghiera.
A 20 anni, dopo la morte dei genitori, lasciati i suoi averi ai poveri, si ritirò nel convento basiliano di Agira, vicino a Enna, dove viveva l’abate Filippo, poi diventato santo.
I Basiliani erano monaci che si ispiravano alla regola di San Basilio Magno. L’abate accolse il giovane Leone e dopo un breve periodo di prova lo vesti dell’abito monacale e gli diede il nome religioso di Luca e da allora fu chiamato Leoluca.
A cause delle scorribande dei Saraceni in Sicilia decise di recarsi in Calabria, ma prima volle fare un pellegrinaggio a Roma sulle tombe dei santi apostoli Pietro e Paolo.

Ritornato in Calabria si fermò nel monastero basiliano di Santa Maria di Vena Inferiore, presso Vibo Valentia.
Condusse una vita esemplare e austera, fatta di umiltà e di obbedienza, non cessando mai di pregare e digiunare.

A Vena Leoluca rimase 6 anni, poi si trasferì nel territorio detto Mercurion, probabilmente a Mormanno, dove costruì un nuovo convento.
Dopo circa dieci anni tornò a Vena insieme all’abate.
Alla sua morte gli fu affidata la guida della comunità. Il santo fondò altri conventi, raccogliendo intorno a sé più di cento frati.
A lui accorrevano quanti erano nel bisogno dello spirito e del corpo, ottenendo per mezzo della sua preghiera, grazie e guarigioni.
Si narra che morì all’età di cento anni (nel 915 o nel 917), dopo ottanta anni di vita monastica, a causa di una forte febbre e dopo aver scelto il suo successore. Subito dopo la morte fu proclamato santo e il suo culto si diffuse prima in tutta la Calabria e in Sicilia.

Nel 1575, in occasione della peste che colpì la Sicilia, i corleonesi lo
proclamarono patrono e protettore della città di Corleone.

Secondo alcuni storiografi la salma fu sepolta a Monteleone (l’attuale Vibo Valentia) nella chiesa di S. Maria Maggiore, secondo altri nel monastero di Vena Inferiore.

Data: 27/02/2016



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