Venerdì, 29 Marzo 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO: riflessione del Vescovo

LE LETTURE DELLA DOMENICA  

PRIMA LETTURA (Sap 18,6-9)
Come punisti gli avversari, così glorificasti noi, chiamandoci a te.

Dal libro della Sapienza

La notte [della liberazione] fu preannunciata ai nostri padri,
perché avessero coraggio,
sapendo bene a quali giuramenti avevano prestato fedeltà.
Il tuo popolo infatti era in attesa
della salvezza dei giusti, della rovina dei nemici.
Difatti come punisti gli avversari,
così glorificasti noi, chiamandoci a te.
I figli santi dei giusti offrivano sacrifici in segreto
e si imposero, concordi, questa legge divina:
di condividere allo stesso modo successi e pericoli,
intonando subito le sacre lodi dei padri.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 32)

Rit: Beato il popolo scelto dal Signore.

Esultate, o giusti, nel Signore;
per gli uomini retti è bella la lode.
Beata la nazione che ha il Signore come Dio,
il popolo che egli ha scelto come sua eredità.

Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.

L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo.

SECONDA LETTURA (Eb 11,1-2.8-19)
Aspettava la città il cui architetto e costruttore è Dio stesso.

Dalla lettera agli Ebrei

Fratelli, la fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio.
Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava.
Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso.
Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare.
Nella fede morirono tutti costoro, senza aver ottenuto i beni promessi, ma li videro e li salutarono solo da lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sulla terra. Chi parla così, mostra di essere alla ricerca di una patria. Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto la possibilità di ritornarvi; ora invece essi aspirano a una patria migliore, cioè a quella celeste. Per questo Dio non si vergogna di essere chiamato loro Dio. Ha preparato infatti per loro una città.
Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: «Mediante Isacco avrai una tua discendenza». Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo.

VANGELO (Lc 12,32-48)

Anche voi tenetevi pronti.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.
Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!
Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».
Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi.
Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».

LA SANTA

1/bonifacia1.jpgSanta Bonifacia Rodrìguez de Castro

La Chiesa l’8 agosto, nel giorno della festa di San Domenico, ricorda una domenicana mancata, recentemente canonizzata da Papa Benedetto XVI il 23 ottobre 2011.

Santa Bonifacia Rodríguez de Castro nacque a Salamanca, in Spagna, il 6 giugno del 1837, primogenita di sei fratelli, da padre sarto e madre casalinga. Dopo la scuola elementare imparò il mestiere di cordonaia che cominciò a esercitare alla morte del padre, all’età di 15 anni.
Dopo alcuni anni, con grandi sacrifici aprì un laboratorio di cordoni, passamanerie e altri manufatti. Era molto devota a Maria Immacolata e a San Giuseppe, dopo la proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione nel 1854 e la dichiarazione di San Giuseppe patrono della Chiesa universale nel 1870. Dal 1865, Bonifacia e sua madre si dedicarono a una vita di profonda pietà, recandosi tutti i giorni nella chiesa, gestita dalla Compagnia di Gesù.
Il suo esempio di vita colpì favorevolmente un gruppo di ragazze, sue amiche, che le chiesero di passare i pomeriggi domenicali e festivi in sua compagnia.
La casa-laboratorio divenne così un centro di riunioni amichevoli e di preghiera in onore di Maria e San Giuseppe. Il gruppo decise di fondare l’associazione dell’Immacolata e di San Giuseppe, in seguito chiamata Associazione Giuseppina.

Nel frattempo Bonifacia per la sua grande devozione cominciò a coltivare il progetto di diventare domenicana del convento di Santa Maria de Dueñas di Salamanca.
Tuttavia, un incontro le cambiò la vita. Nel 1870 giunse a Salamanca il gesuita catalano Francisco Butinyà y Hospital che nutriva una forte premura apostolica verso l’evangelizzazione del mondo del lavoro.
Bonifacia condivise con lui la sua esperienza di fede e, grazie a lei, padre Francisco entrò in contatto con le ragazze che si riunivano a casa sua, la maggior parte lavoratrici manuali come lei.
Da questo incontro scaturì l’idea della fondazione di una nuova congregazione femminile, orientata verso la prevenzione della donna lavoratrice.

Nacque così la congregazione delle Serve di San Giuseppe. Il 10 gennaio del 1874, Bonifacia, sua madre e altre cinque ragazze iniziarono a Salamanca la vita di comunità.

Era un nuovo progetto di vita religiosa femminile inserita nel mondo del lavoro alla luce della contemplazione della Santa Famiglia. Le Serve di San Giuseppe offrivano lavoro alle donne povere, evitando i pericoli in agguato per la loro dignità.
Le religiose non portavano l’abito, non consegnavano la dote, lavoravano gomito a gomito con le laiche nel laboratorio e avevano la cassa in comune.
Questo progetto di vita religiosa fu subito ostacolato dal clero diocesano di Salamanca.
Tre mesi dopo la fondazione, padre Francisco dovette lasciare la città. Bonifacia rimase sola a capo della Congregazione in un ambiente ostile e di incomprensione.
Due direttori della Congregazione, nominati dal vescovo, provocarono la divisione tra le suore presenti. Nel 1882 il direttore volle introdurre cambiamenti nelle finalità apostoliche tracciate dal fondatore, ma Bonifacia non lo permise.

Per sbarazzarsi di lei, fu deciso di destituirla dal suo incarico di superiora della comunità durante un suo viaggio in Catalogna.
Quando tornò obbedì alla nuova superiora e si adattò con umiltà alla vita comunitaria.
Umiliazioni, rifiuto, calunnie non mancarono da parte delle persone a lei avverse. L’unica sua risposta fu il silenzio, l’umiltà e il perdono, senza nessuna protesta.
Rimase sempre ferma al suo posto. Anzi, per risolvere il conflitto, propose al vescovo una nuova fondazione a Zamora.
Il 25 luglio del 1883, accompagnata da sua madre, si recò in questa città, dove fu accolta e appoggiata dal clero e dalla popolazione.
A Zamora cominciò a raccogliere giovani abbandonate e si occupò dell’educazione e dell’istruzione di queste giovani che lavoravano nel laboratorio da lei aperto.
Nel frattempo, la casa madre di Salamanca si orientò verso l’insegnamento e quando il Papa, nel 1901, concesse l’approvazione pontificia alla Congregazione, la comunità di Zamora fu esclusa.
Nemmeno questo nuovo rifiuto però la fece separare dalle sue figlie di Salamanca.
Cominciò anche a dire che alla sua morte la comunità di Zamora sarebbe tornata in seno alla Congregazione. E così avvenne.
Circondata dall’affetto della gente di Zamora morì in questa città l8 agosto del 1905.
Il 23 gennaio del 1907 la casa di Zamora si riunì al resto della Congregazione e nel 1941 la santa fu riconosciuta fondatrice.
Fu beatificata il 9 novembre 2003.

Daniela Catalano

Data: 07/08/2016



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