Venerdì, 29 Marzo 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

VI DOMENICA DI PASQUA: Riflessione del Vescovo

PRIMA LETTURA (At 8,5-8.14-17)
Imponevano loro le mani e quelli ricevevano lo Spirito Santo.

Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni, Filippo, sceso in una città della Samarìa, predicava loro il Cristo. E le folle, unanimi, prestavano attenzione alle parole di Filippo, sentendolo parlare e vedendo i segni che egli compiva. Infatti da molti indemoniati uscivano spiriti impuri, emettendo alte grida, e molti paralitici e storpi furono guariti. E vi fu grande gioia in quella città.

Frattanto gli apostoli, a Gerusalemme, seppero che la Samarìa aveva accolto la parola di Dio e inviarono a loro Pietro e Giovanni. Essi scesero e pregarono per loro perché ricevessero lo Spirito Santo; non era infatti ancora disceso sopra nessuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signore Gesù. Allora imponevano loro le mani e quelli ricevevano lo Spirito Santo.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 65)

Rit: Acclamate Dio, voi tutti della terra.

Acclamate Dio, voi tutti della terra,
cantate la gloria del suo nome,
dategli gloria con la lode.
Dite a Dio: «Terribili sono le tue opere!

A te si prostri tutta la terra,
a te canti inni, canti al tuo nome».
Venite e vedete le opere di Dio,
terribile nel suo agire sugli uomini.

Egli cambiò il mare in terraferma;
passarono a piedi il fiume:
per questo in lui esultiamo di gioia.
Con la sua forza domina in eterno.

Venite, ascoltate, voi tutti che temete Dio,
e narrerò quanto per me ha fatto.
Sia benedetto Dio,
che non ha respinto la mia preghiera,
non mi ha negato la sua misericordia.

SECONDA LETTURA (1Pt 3,15-18)
Messo a morte nella carne, ma reso vivo nello spirito.

Dalla prima lettera di san Pietro apostolo

Carissimi, adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi.

Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché, nel momento stesso in cui si parla male di voi, rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo.

Se questa infatti è la volontà di Dio, è meglio soffrire operando il bene che facendo il male, perché anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito.

VANGELO (Gv 14,15-21)

Pregherò il Padre e vi darà un altro Paràclito.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi.

Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi.

Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

IL SANTO

1/crispino.jpgSan Crispino da Viterbo

Il 19 maggio la Chiesa ricorda San Crispino da Viterbo, cappuccino, che fu beatificato il 7 settembre 1806 da Pio VII e canonizzato il 20 giugno 1982 da Giovanni Paolo II.

Lui è stato il primo santo canonizzato da questo papa. Nacque nella contrada detta del Bottarone, il 13 novembre 1668 e fu battezzato il 15 dello stesso mese con il nome di Pietro Fioretti. Pietro rimase orfano di padre e la mamma si sposò con il fratello di Ubaldo, Francesco, un calzolaio a lui molto affezionato e che al nipotino fece frequentare le scuole dei gesuiti e poi lo accolse come apprendista nella sua bottega di calzolaio. Pietro indossò l’abito cappuccino nel convento della Palanzana di Viterbo il 22 luglio 1693, assumendo il nome Crispino, dopo l’anno di noviziato, il 22 luglio 1694, fu trasferito a Tolfa, dove rimase tre anni, per qualche mese rimase a Roma e fino al 1703 dimorò ad Albano, da qui fu trasferito a Monterotondo dove rimase per oltre sei anni, fino 1709; da quest’anno e per quaranta anni rimase ad Orvieto, dove fu ortolano fino al gennaio de1 1710, e poi questuante.

Studiò per tutta la vita le uniche sei lettere di cui era a conoscenza il primogenito dei santi cappuccini: le piaghe di Cristo e la Madonna. Esemplari la sua gioia, la cortesia e la capacità di comunicazione. Spesso accorreva in vari conventi per curare e confortare i confratelli infermi con grave rischio per la propria salute. Non mancarono nella sua vita insidie, umiliazioni, incomprensioni e croci. Non ammetteva nella sua vita le donazioni calibrate, le mezze misure, i compromessi, le riserve.

Fu esemplare nella vita di fraternità, soprattutto attraverso un servizio sollecito, umile, inventivo e gioioso ai fratelli. In tutta la sua vita si distinse nella povertà evangelica.

Sobrio nell’uso delle cose, fu alieno da qualunque superfluità o ricercatezza.

Nel suo ufficio di questuante seppe unire la più grande carità a un senso del puro necessario.

Divenne modello di obbedienza, intesa come fonte viva di gioia perenne e mezzo efficace per conservare la pace personale e l’armonia fraterna. Per due brevi periodi fu a Bassano e a Roma.

Lasciò definitivamente Orvieto il 13 maggio 1750, diretto verso l’infermeria di Roma dove morì il 19 maggio 1750.

Daniela Catalano

 

Data: 18/05/2017



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