Giovedì, 28 Marzo 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

Suor Maddalena Serra

Suor Maddalena Serra

Suor Maddalena Serra sta trascorrendo un periodo di vacanza nella sua Torricella 

Da 47 anni con i poveri del Mozambico 

Noi siamo andati a intervistarla e ci ha raccontato cosa fa nell’ospedale “Carmelo” di Chokwe

TORRICELLA VERZATE - Nel cuore dell’Africa, nel sud del Mozambico, ex colonia portoghese, vive e lavora suor Maddalena Serra, missionaria della diocesi di Tortona, partita quasi 50 anni fa per annunciare Cristo ai fratelli poveri e malati.

È nata nel 1942 nel territorio comunale di Santa Giuletta, ma in realtà è “torricellese” doc perché la sua casa è alle porte di Torricella Verzate, paese dove è cresciuta insieme al fratello, alla sorella e alla famiglia e dove torna d’estate, ogni due anni circa, per riposarsi e per salutare i parenti e gli amici che non hanno mai smesso di sostenerla e di farle sentire l’affetto e l’amicizia.

1/suor serra1.jpgDurante le sue vacanze l’abbiamo incontrata e le abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza in Africa, accanto ai malati dell’Ospedale “Carmelo” di Chokwe, la città dove vive.
Suor Maddalena si rivela una persona riservata, ma forte e tenace, piena di energia e di coraggio, innamorata della “sua” Africa alla quale ha dedicato tutta la vita e di cui parla con grande entusiasmo.
Prima di farle qualche domanda sulla missione le chiediamo come è nata la sua vocazione religiosa.

Lei con grande semplicità racconta: “Avevo 17 anni quando il giorno della festa del Sacro Cuore, mentre salivo la scalinata del santuario della Passione di Torricella, la mia parrocchia, ho sentito una chiamata forte e chiara e ho capito che dovevo essere totalmente di Dio. Non so perché il Signore ha scelto me, ma ero certa che questa era la sua volontà”.
Nell’immediato non ha parlato con nessuno di questa “chiamata” ma da quel momento ha affidato la sua vita nelle mani di Dio che ne ha fatto un capolavoro. Nell’autunno dello stesso anno è partita per Torino per frequentare la scuola per infermiera presso l’istituto delle Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli. Mentre studiava ha deciso di consacrarsi al Signore proprio in quella famiglia religiosa.

“Presa la decisione – spiega suor Maddalena – l’ho comunicata alla mia famiglia e mio papà l’ha presa molto male. Però ho proseguito per la mia strada e ho preso i voti nel 1968”.
Il suo primo incarico è a Torino presso la scuola per infermieri, dove lei nel frattempo si è diplomata come capo sala.
Insegnava e studiava psicopedagogia, ma si sentiva “troppo stretta” in quel ruolo. Aveva bisogno di un orizzonte di attesa più vasto.
Proprio nello stesso periodo la sua superiora aveva chiesto la disponibilità alle suore a partire per la missione “ad gentes”.

Suor Maddalena ha acconsentito subito e quando le è stato proposto il Mozambico ha accettato senza neppure sapere dove si trovava.
A 27 anni è stata per un anno in Portogallo per studiare la lingua e nel febbraio del 1970 è partita per il Mozambico.
Quando è arrivata a destinazione, ha subito capito cosa volesse dire vivere in una colonia europea in territorio africano.
“La prima impressione è stata terribile – ricorda – perché l’ospedale dove mi trovavo curava soprattutto i bianchi. Noi abbiamo protestato e in seguito anche i neri hanno potuto accedere alle cure”.
Per circa 14 anni sono stata in un villaggio all’interno del Paese dove ero l’unica infermiera e lavoravo giorno e notte, facendo di tutto.
Curavo soprattutto tanti malati di tubercolosi che arrivano dalla città. Infine, nel 1993 sono giunta a Chokwe”.

In questa cittadina agricola di circa 80.000 abitanti, a nord della capitale Maputo, attraversata dal fiume Limpopo, si trova l’ospedale “Carmelo”.

L’edificio prima ospitava un convento di carmelitani scalzi che avevano lasciato il paese nel 1976 in pieno regime comunista.
Nel 1993 il governo lo ha restituito alla Chiesa locale e il vescovo della diocesi di Xai-Xai lo ha dato in gestione alle Suore della Carità di San Vincenzo che, dopo notevoli lavori di ristrutturazione, il 10 maggio 1995 hanno aperto l’ospedale.
“Il nostro scopo, come Figlie della Carità – sottolinea suor Maddalena – è quello di aiutare i più poveri ovvero i malati di tubercolosi e di Aids. L’ospedale ha 115 posti letto, compresa la pediatria e gli ambulatori, e abbiamo in assistenza 9.877 malati di Aids di cui 9.383 in terapia antiretrovirale.
La nostra comunità religiosa è formata da cinque suore, io sono l’unica italiana, poi ci sono una spagnola, un’argentina e due mozambicane.
Il personale è costituito da circa 70 laici, la maggior parte locale.
Anche due medici sono mozambicani e si sono laureati nell’università cattolica di Beira e un altro, Arturo, sta ultimando gli studi.
Il direttore clinico è il primo dei due mozambicani che si sono laureati. L’ospedale cura anche altri tipi di malattie croniche e, soprattutto, segue le donne in gravidanza, malate di Aids”.

“Nel 1995 – aggiunge suor Serra – eravamo solo in grado di diagnosticare l’Aids, ma non avevano le cure.
Nel 2002 sono arrivati i membri della Comunità di Sant’Egidio e hanno attivato il programma DREAM che assicura sia i protocolli per la cura della malattia, sia la fornitura di farmaci antiretrovirali, mettendo a disposizione il proprio laboratorio di biologia molecolare di Maputo dove è possibile monitorare la terapia.
Nel 2005 l’ospedale è stato riconosciuto dallo Stato che paga gli stipendi al personale professionale, ovvero medici e infermieri.

La grande conquista realizzata in questi anni è che il 99% dei bambini figli di donne malate di Aids sono nati sani. Attualmente abbiamo 679 bambini nati malati e in terapia antiretrovirali perché nati da mamme che durante la gravidanza non si sono curate”.
Per quanto riguarda il sostentamento dell’ospedale le suore devono rimboccarsi le maniche, perché gli aiuti da parte dello Stato sono pochi e arrivano con il contagocce.
Grazie ad un imprenditore spagnolo è stata realizzata una panetteria che dà lavoro a 15 persone e che permette di sfornare circa 25.000 panini al giorno che vengono distribuiti in tutto il circondario.
Con il ricavato della vendita è possibile pagare gli inservienti che lavorano in ospedale.

Fondamentale è stato il supporto della Casa Madre di Parigi che ha curato i progetti per la realizzazione della panetteria. “La nostra è una comunità aperta – prosegue ancora suor Maddalena – e spesso arrivano laici da vari paesi europei per fare esperienza di vita insieme a noi.

Mi piacerebbe che venisse qualcuno anche dalla diocesi di Tortona per conoscere da vicino la nostra realtà.

Sono convinta che il contatto vero con il Signore è in chi soffre perché, come dice Benedetto XVI, se l’eucaristia non si traduce in carità rimane frammentaria. Incontrare la sofferenza è un modo per sperimentare la salvezza.
A noi interessa un coinvolgimento personale, che vada oltre a quello puramente economico”.

Il 12 marzo dello scorso anno è stato inaugurato, alla presenza del ministro della Salute, il nuovo laboratorio di biologia molecolare, di altissimo livello nella diagnostica avanzata della tubercolosi, dell’Aids e di tante altre patologie.
Ad aiutare il Carmelo di Chokwe sono in tanti, dalla Francia e dalla Spagna soprattutto.

In Italia c’è il grande sostegno della comunità di Torricella Verzate al quale si aggiunge l’aiuto dell’Ufficio Missionario diocesano e degli amici di suor Maddalena in diocesi.
Ogni anno la Corale interparrocchiale di Torricella, Mornico e Corvino organizza un concerto per l’Africa e la comunità torricellese ha sostenuto tutto il percorso di studi di Arturo che a breve diventerà medico.

Il lavoro congiunto delle suore missionarie Figlie della Carità e della Comunità di Sant’Egidio ha permesso a questa regione d’Africa di scoprire il vero significato della parola “speranza”.

I pazienti che giungono a Chokwe non solo hanno accesso a cure di alto livello, ma trovano anche un supporto per la loro reintegrazione nella società e capiscono che l’HIV non ha l’ultima parola sulla loro vita.

A settembre suor Maddalena tornerà a casa, in Africa, dove ad attenderla ci sono i suoi malati e i suoi poveri, in mezzo ai quali continuerà a svolgere un servizio gioioso e appassionato fino a quando il Signore le concederà forza e salute.

Daniela Catalano

Data: 02/08/2017



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