Giovedì, 28 Marzo 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO: Riflessione del Vescovo

PRIMA LETTURA (Sir 27,33-28,9)
Perdona l’offesa al tuo prossimo e per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati.


Dal libro del Siràcide

Rancore e ira sono cose orribili,
e il peccatore le porta dentro.
Chi si vendica subirà la vendetta del Signore,
il quale tiene sempre presenti i suoi peccati.
Perdona l’offesa al tuo prossimo
e per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati.
Un uomo che resta in collera verso un altro uomo,
come può chiedere la guarigione al Signore?
Lui che non ha misericordia per l’uomo suo simile,
come può supplicare per i propri peccati?
Se lui, che è soltanto carne, conserva rancore,
come può ottenere il perdono di Dio?
Chi espierà per i suoi peccati?
Ricòrdati della fine e smetti di odiare,
della dissoluzione e della morte e resta fedele ai comandamenti.
Ricorda i precetti e non odiare il prossimo,
l’alleanza dell’Altissimo e dimentica gli errori altrui.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 102)

Rit: Il Signore è buono e grande nell’amore.


Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.

Non è in lite per sempre,
non rimane adirato in eterno.
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe.

Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono;
quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.


SECONDA LETTURA
(Rm 14,7-9)
Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore.


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore.
Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore.
Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi.

 

VANGELO (Mt 18,21-35)
Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.


+
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

LA SANTA

1/ludmilla.jpgSanta Ludmilla

La Chiesa Cattolica il 16 settembre fa memoria di Santa Ludmilla martire, duchessa di Boemia e nonna di San Venceslao che diffuse il cristianesimo in Boemia. La santa, il cui nome dallo slavo può tradursi in “amata dal popolo”, nacque verso l’860 in Lusazia, oggi suddivisa fra Polonia, Germania e Repubblica Ceca.

Andò sposa ancora adolescente nell’873 al duca di Boemia, Borisvoj. I due sposi furono battezzati da San Metodio, apostolo degli slavi. Ebbero tre figli e tre figlie. I loro iniziali tentativi di convertire il popolo boemo non furono subito ben accolti, tanto da portarli all’esilio, su pressione dei pagani. In seguito la coppia di sovrani poté fare ritorno in patria e governare. Alla morte del marito, nell’894, governò il figlio minore Vratislao, che era sposato con una principessa slava, da cui ebbe quattro femmine e tre maschi.

Il maggiore dei tre Venceslao fu affidato alle cure della nonna, donna gentile e istruita, che diede al nipote una solida istruzione nella religione, oltre che nella lingua latina e slava. Quando Vratislao morì 916, la nuora di Ludmilla, Drahomira, che provava enorme gelosia nei suoi confronti per l’influenza che aveva su suo figlio, tolse Venceslao dalla tutela della nonna, appoggiata pienamente dal partito anticristiano del paese. Ludmilla, che aveva donato ai poveri la maggior parte delle sue proprietà, si ritirò nel castello di Tétin, a sud ovest di Praga, per evitare il conflitto con Dragomira. La santa era convinta che se Venceslao avesse preso le redini del potere il più presto possibile, invece di aspettare l’età giusta, il popolo si sarebbe rianimato e il cristianesimo in Boemia sarebbe stato salvo.

Il partito anticristiano se ne accorse e cercò in ogni modo di tenere separati la nonna e il nipote e pare che per istigazione di Drahomira, decise addirittura di uccidere Ludmilla che fu strangolata con il suo stesso velo nella notte del 16 settembre del 921. Fu canonizzata poco dopo la morte. Le sue reliquie furono poi traslate nella chiesa del castello di Praga.

È venerata come patrona della Boemia e dei rapporti tra nuore e suocere.

Daniela Catalano

Data: 14/09/2017



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