Venerdì, 29 Marzo 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

III DOMENICA DI QUARESIMA - La riflessione del Vescovo

PRIMA LETTURA (Es 3,1-8.13-15)
Io-Sono mi ha mandato a voi.

Dal libro dell’Èsodo

In quei giorni, mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb.
L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto.
Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava.
Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?».
Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!».
Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!».
E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe».
Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio.
Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze.
Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele».
Mosè disse a Dio: «Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”.
Mi diranno: “Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?».
Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io Sono mi ha mandato a voi”».
Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi”.
Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione».

SALMO RESPONSORIALE (Sal 102)
Rit: Il Signore ha pietà del suo popolo.

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.

Il Signore compie cose giuste,
difende i diritti di tutti gli oppressi.
Ha fatto conoscere a Mosè le sue vie,
le sue opere ai figli d’Israele.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono.

SECONDA LETTURA (1Cor 10,1-6.10-12)
La vita del popolo con Mosè nel deserto è stata scritta per nostro ammonimento.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Non voglio che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo.
Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto.
Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono.
Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore.
Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi.
Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.

VANGELO (Lc 13,1-9)
Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

IL SANTO DELLA SETTIMANA

1/oscar-romero.jpgSant’Oscar Arnolfo Romero, martire

Dal 1992 la Chiesa il 24 marzo celebra la Giornata di preghiera e digiuno per i missionari martiri, perché proprio il 24 marzo, nel 1980, fu ucciso il Vescovo mons. Oscar Arnolfo Romero che lo scorso 18 ottobre è stato canonizzato da Papa Francesco. La Chiesa lo ricorda il 24 marzo, giorno del suo martirio.

Romero nacque a Ciudad Barrios di El Salvador il 15 marzo 1917 da una famiglia modesta. Avviato all’età di 12 anni come apprendista presso un falegname, a 13 entrò nel seminario minore di San Miguel e poi, nel 1937, nel seminario maggiore di San Salvador retto dai Gesuiti.
Vi restò solo sette mesi e a ottobre fu inviato a Roma per proseguire gli studi. A causa della Seconda Guerra mondiale, non riuscì a rientrare a El Salvador e fu ordinato sacerdote a Roma il 4 aprile 1942.

Quando tornò in patria si dedicò con passione all’attività pastorale come parroco.

Divenne direttore della rivista ecclesiale “Chaparrastique” e poi direttore del seminario interdiocesano di San Salvador e segretario della Conferenza Episcopale dell’America Centrale e di Panama. Il 24 maggio 1967 fu nominato Vescovo di Tombee e solo tre anni dopo Vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di San Salvador.

Nel febbraio del 1977 era Vescovo dell’arcidiocesi, proprio quando il Paese subiva la repressione sociale e politica. Tutti i giorni si assisteva a omicidi di contadini poveri e oppositori del regime politico, compiuti da organizzazioni paramilitari di destra, protetti e sostenuti dal sistema politico.
Era il periodo in cui il generale Carlos Romero fu proclamato vincitore, grazie a brogli elettorali, delle elezioni presidenziali. La nomina del nuovo Vescovo non destò preoccupazione perché lui era “un uomo di studi”, non impegnato socialmente e politicamente e era un conservatore. Mons. Romero, invece, iniziò il suo lavoro con passione.
Passò poco tempo e le notizie della sua inaspettata attività in favore della giustizia sociale si diffusero rapidamente e arrivarono i primi riconoscimenti ufficiali dall’estero per la sua azione a favore del popolo salvadoregno.
Dopo l’assassinio del gesuita Rutilio Grande da parte dei sicari del regime Romero aprì un’inchiesta sul delitto e ordinò la chiusura di scuole e collegi per tre giorni consecutivi. Nei suoi discorsi mise sotto accusa il potere politico e giuridico di El Salvador.
Istituì una commissione permanente in difesa dei diritti umani e le sue omelie furono trasmesse dalla radio della diocesi e pubblicate sul giornale “Orientaciòn”.
Romero chiedeva “giustizia in termini spirituali e non politici” e visse i suoi ultimi anni oppresso da “lettere piene di insulti, telefonate minatorie, avvisi persino in televisione” che fecero presagire in lui l’imminenza del martirio.

Non invitò, però, mai nessuno alla lotta armata, ma alla riflessione e alla presa di coscienza dei propri diritti.

Purtroppo, il regime che aveva sfidato non lo perdonò e il 24 marzo 1980, durante la Messa, nel momento in cui sta elevando il calice, lo uccise brutalmente.

Daniela Catalano

Data: 23/03/2019



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