Venerdì, 29 Marzo 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

PRIMA LETTURA (Es 32,7-11.13-14)
Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.

Dal libro dell’Èsodo

In quei giorni, il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”».
Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervìce. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione».
Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”».
Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 50)
Rit: Ricordati di me, Signore, nel tuo amore.

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro.

Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.

Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode.
Uno spirito contrito è sacrificio a Dio;
un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi.

SECONDA LETTURA (1Tm 1,12-17)
Cristo è venuto per salvare i peccatori.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo

Figlio mio, rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù.
Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna.
Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.

VANGELO (Lc 15,1-32)
Ci sarà gioia in cielo per un solo peccatore che si converte.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

IL SANTO DELLA SETTIMANA

1/San Stanislao.jpgSan Stanislao di Gesù Maria

Il 17 settembre la Chiesa fa memoria di San Stanislao di Gesù e Maria, canonizzato da Papa Francesco il 5 giugno 2016.

Il santo, che si chiamava Jan Papczyński, nacque il 18 maggio 1631 a Podegrodzie, in Polonia. Dopo aver terminato lo studio della retorica e il corso biennale di filosofia nel collegio gesuita a Rawa Mazowiecka, all’età di 23 anni, Giovanni entrò nell’ordine dei Chierici Regolari Poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie (Scolopi), nonostante gli intensi sforzi della madre e della famiglia per farlo sposare. Il 22 luglio 1656 emise i tre voti semplici: di castità, di povertà e di obbedienza e il giuramento di perseverare nell’ordine sino alla fine della vita.

Il 12 marzo 1661 venne ordinato sacerdote dal Vescovo di Przemysl. Dopo tre anni di lavoro come professore di retorica a Rzeszów fu trasferito a Varsavia.

Già dal 1663, divenne famoso a Varsavia non soltanto come professore di retorica, ma anche come maestro di vita spirituale: predicatore e confessore instancabile.

Infine, nel 669 chiese il permesso di lasciare l’ordine dei Chierici Regolari Poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie e lo ottenne in base al breve apostolico dell’11 dicembre 1670.

Fondò la Congregazione dei Chierici Mariani sotto il titolo dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. Concentrò la sua attenzione sul mistero dell’Immacolata Concezione, trovando in esso, in un certo senso, il cuore del cristianesimo e ne fece la professione di fede e il cosiddetto “voto di sangue”, cioè la disponibilità a difendere questa verità di fede fino al sacrificio della vita.

Padre Stanislao è stato soprattutto un grande evangelizzatore: un evangelizzatore del popolo, un apostolo della Parola, non solo con la parola, ma anche con gli scritti, a lui appartengono numerose opere spirituali come “Christus patiens” e “Orator crucifixus”.

Fu anche molto dedito alle opere di misericordia: lungo tutti gli anni del suo ministero sacerdotale, i poveri e le persone discriminate socialmente ebbero in lui il loro protettore e amico, per questo venne chiamato “padre dei poveri”.

Nel suo cuore e nel suo insegnamento ebbero un posto speciale i fratelli e le sorelle sofferenti nel purgatorio, Padre Stanislao ricevette infatti il carisma di un amore particolare per i defunti, tanto che aggiunse quotidianamente la preghiera per i defunti, in modo particolare per i soldati caduti e per le vittime della peste.

Morì il 17 settembre 1701, nel convento di Góra Kalwaria, pronunciando le parole: “Nelle tue mani, Signore, consegno il mio spirito”, benedicendo prima i suoi confratelli, esortandoli all’osservanza della regola e delle costituzioni.

Sotto il pontificato di Benedetto XVI il 16 dicembre 2006 è stato riconosciuto un miracolo attribuito alla sua intercessione e il 16 settembre 2007 è stato beatificato.

Daniela Catalano

Data: 14/09/2019



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