Venerdì 20 giugno la Messa in cattedrale
I sacerdoti a immagine del Sacro Cuore di Gesù
TORTONA - Venerdì scorso in cattedrale i sacerdoti della diocesi, dopo il lungo periodo di quarantena che non ha permesso loro di partecipare alla Messa crismale del Giovedì Santo, hanno potuto incontrare il Pastore diocesano per la solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù.
Questo culto, reso universale con il decreto del 23 agosto 1856, emanato da Pio IX, è stato al centro della riflessione di Mons. Viola che ha sottolineato come da anni sia in atto «un rinnovamento della spiritualità del Sacro Cuore che può avvenire solo a partire dal Cristo della storia».
Nell’omelia, rivolgendosi ai numerosi presbiteri, ha evidenziato come «il termine “cuore” è usato nel senso biblico e indica l’interiorità di Gesù, la sua coscienza profonda e umana». L’approfondimento di questo mistero può portare a una nuova spiritualità.
Per comprendere meglio questa dimensione il vescovo si è soffermato sull’analisi di tre aspetti della coscienza umana di Gesù e lo ha fatto facendosi aiutare, in particolare, da tre invocazioni delle litanie del Sacro Cuore che ha fatto ripetere ai presenti.
La prima – “Cuore di Gesù, re e centro di tutti i cuori” – pone l’accento sull’annuncio della sua regalità.
«Conoscere il mistero del Regno che è Gesù, vuol dire penetrare nel suo cuore e permettere che la sua regalità si estenda nei nostri cuori perché lui è il regno e attira a se dalla croce tutto l’universo».
La seconda – “Cuore di Gesù obbediente fino alla morte” – evidenzia un altro tratto fondamentale della sua coscienza umana.
Lui è venuto nel mondo per fare la volontà del Padre.
«Il suo essere mandato come vittima di espiazione e la sua obbedienza alla missione – ha detto Viola – rivela l’amore trinitario per noi.
L’obbedienza filiale, amorosa è espressione della sua intimità unica con il Padre».
Infine la terza – “Cuore di Gesù figlio dell’eterno Padre” – svela «il segreto più intimo del suo cuore, che i suoi scopriranno solo dopo la loro esperienza storica di lui.
La coscienza umana del suo essere Figlio è l’elemento centrale della sua esperienza nella storia».
«Con la sua regalità – ha proseguito – manifesta la sua trascendenza, partecipa alla sovranità di Dio.
Con la sua obbedienza compie l’opera della salvezza.
Con la sua condizione di Figlio rivela il Padre».
Mons. Viola ha esortato i confratelli a domandarsi come sono chiamati, con la loro umanità, a partecipare al mistero del Sacro Cuore.
La risposta arriva solo dall’abbandono allo Spirito Santo. «Dobbiamo lasciarsi plasmare dallo Spirito sul modello esemplare della santa umanità di Gesù attraverso tre dimensioni che sono la sua regalità su di noi perché attraverso di noi venga il suo Regno; – ha spiegato il presule – la sua obbedienza vivendo nel ministero l’espiazione come vita donata e l’abbandono fiducioso, in un’intima relazione con il Padre».
«La donazione nel ministero ha senso ed è efficace se nasce da un’appartenenza filiale al Signore che non abbandona mai la sua Chiesa».
Sacerdoti e vescovo hanno pregato per don Giacomo, don Rino e don Enrico, i confratelli morti nel periodo della pandemia.
Al termine della liturgia, il vicario generale, mons. Mario Bonati, ha rivolto un pensiero grato e fraterno a Mons. Viola e a tutto il clero diocesano.
Daniela Catalano
Data: 26/06/2020