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«Il catechismo deve insegnare a lasciarsi amare da Dio»

«Il catechismo deve insegnare a lasciarsi amare da Dio»

Sabato scorso Mons. Valentino Bulgarelli, direttore dell’Ufficio Catechistico nazionale, è intervenuto al convegno diocesano

TORTONA - Dopo il lungo periodo segnato dalla pandemia, quest’anno la Chiesa tortonese è riuscita a organizzare il convegno diocesano che si è svolto sabato 29 maggio in cattedrale. A differenza delle passate edizioni, i delegati degli 11 Vicariati erano ridotti nel numero in presenza, per rispettare le regole anti Covid.

A tutti, però, è stata data la possibilità di seguire l’incontro mediante la diretta streaming sul sito della diocesi.

L’assemblea è stata improntata sull’ultima Lettera Pastorale del vescovo Mons. Vittorio Viola che poneva l’accento sull’importanza della trasmissione della fede in preparazione ai sacramenti dell’iniziazione.

Ad affrontare l’interessante tema proposto – “Per una verifica e un rinnovamento della catechesi. Verso orientamenti condivisi” – è stato mons. Valentino Bulgarelli, sacerdote della diocesi di Bologna, che, dal settembre 2019, è direttore dell’Ufficio Catechistico Nazionale ed è anche sottosegretario della Conferenza Episcopale Italiana. Don Valentino è dottore in Teologia biblica, docente e preside della Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna e responsabile del Servizio Nazionale per gli studi superiori di Teologia e Scienze religiose della Cei.

Dopo l’introduzione del vescovo e il canto del Veni creator, il diacono Mario Merendi ha letto il passo tratto dal vangelo di Luca (5,1-11) nel quale Gesù chiama i primi discepoli e li invita a essere “pescatori di uomini”.

Dopo l’invocazione dello Spirito Santo, con la preghiera detta dell’Adsumus, ha preso la parola mons. Valentino che ha esordito sottolineando come il “tempo di pandemia” non solo ha creato disastri economici ma anche antropologici e culturali e «per la comunità cristiana non ha comportato solo la rinuncia o il rinvio di prime comunioni e cresime ma anche il cambiamento del modo di stare nella quotidianità». Dal periodo di chiusura delle chiese è emerso un nuovo atteggiamento.

«I catechisti – ha detto – hanno dato prova di una grande azione creativa e hanno dimostrato un grande cuore, cercando nuove forme di comunicazione e i fedeli hanno iniziato a tenere i luoghi liturgici ancora più puliti e in ordine di prima, riscoprendo anche la bellezza dei tempi liturgici e l’ascolto della Parola di Dio che è stata più meditata». Inoltre, in molte realtà, sono stati valorizzati i gesti solidali e gratuiti trasformati in momenti di vera evangelizzazione. Importante è stato poi lo sforzo di trovare linguaggi adatti ai tempi, muovendosi con più sicurezza nel mondo del digitale.

Oggi, dunque, per ripensare la catechesi, non si può più prescindere dalla «modifica del quotidiano e dalla necessità di recuperare la fiducia che si traduce nella capacità di affidarsi. Occorre allora superare il senso di frustrazione e cercare di guardare al futuro consapevoli che la Chiesa sta vivendo un “cambiamento d’epoca” come già aveva detto Papa Francesco nel 2015 al convegno di Firenze».
Per “svoltare” non si può più dire «si è sempre fatto così» e neppure accettare un catechismo di tipo scolastico.
«Proprio il Papa, una volta, aveva invitato i catechisti a trasmettere la fede in dialetto per dimostrare che credere non può essere un atto estraneo alla vita quotidiana». Secondo mons. Bulgarelli «non dobbiamo dar vita a comunità anaffettive ma cercare l’essenzialità, senza dimenticare che il mondo degli adolescenti è quello al quale dobbiamo prestare maggiore attenzione».

La domanda da porsi non è a quale età dare i sacramenti ma come fare ad «accompagnare le persone nel loro processo di crescita e come portare la fede nel vissuto personale».
La catechesi non può più essere cognitiva ma deve tenere conto anche di due altre importanti dimensioni che sono quella comportamentale e quella affettiva. «La persona – ha dichiarato – va presa nella sua totalità e non dobbiamo usare i ragazzi per arrivare ai genitori ma riuscire ad avvicinare le famiglie in modo diverso». «La prima soluzione concreta – ha proseguito – è quella di accorciare le distanze tra Dio e le sue creature e farci amare da lui. Al centro bisogna rimettere l’incarnazione e la risurrezione di Cristo.

Gesù stesso ci ha dimostrato nel vangelo la fatica di far capire ai suoi che li amava e la sua disponibilità ad accontentarsi pur di rimanere accanto a loro».

Per invertire la rotta, dunque, deve essere maggiore il rapporto tra catechesi e vita vissuta. Citando la vicenda di san Tommaso nel vangelo di Giovanni, il relatore ha individutao qual è il dna della vita di fede: l’adesione incondizionata iniziale, seguita da un punto di rottura e da un ritorno alle origini.
Tenendo conto di questa verità, la catechesi deve essere rinnovata nei tempi, nei modi e nelle possibilità di presentare i contenuti mettendo sempre al centro il primo annuncio, il vero kerigma che è la risurrezione di Gesù.

«Papa Francesco – ha ricordato mons. Valentino – esorta quanti si occupano di catechesi ad annunciare che Dio ama, si dona e ci cammina accanto. L’unico vero fine del catechismo, infatti, è lasciarsi amare da Dio. Per arrivare a far comprendere questo alle nuove generazioni, non bisogna avere paura delle loro domande che sono “l’anticamera della fede” ma trovare un linguaggio “nuovo” come ha fatto la Chiesa attraverso i secoli. La Parola di Dio è la grammatica indispensabile per poter parlare».

Per una catechesi autentica la comunità parrocchiale deve essere affettiva e capace di vero ascolto, deve raccontare quanto capito e aprirsi alla creatività per trasmettere al mondo “il lieto annuncio”.

Al termine dell’intervento c’è stato spazio per il confronto e per alcune domande che hanno evidenziato situazioni vissute nelle diverse realtà.

Rispondendo, mons. Bulgarelli è tornato a ribadire come la prima preoccupazione di una comunità cristiana debba essere quella di puntare all’essenziale e di avere un’attenzione particolare per il mondo adolescenziale che spesso è lasciato in balia di se stesso. Accoglienza, rispetto delle diversità e consapevolezza dell’altro nella sua dimensione totale sono alla base di un modo nuovo di evangelizzare.

Prima di congedare i presenti, il vescovo ha ringraziato mons. Bulgarelli e ha invitato a fare tesoro di quanto ascoltato, attraverso una riflessione che deve continuare nelle singole realtà ecclesiali.

La preghiera scritta da Giovanni Paolo nella Christifideles Laici e il canto del Magnificat hanno concluso il pomeriggio di condivisione diocesana.

Daniela Catalano

Data: 04/06/2021



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