Giovedì, 28 Marzo 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

LE LETTURE

PRIMA LETTURA (Ez 2,2-5)
Sono una genìa di ribelli, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro.

Dal libro del profeta Ezechièle

In quei giorni, uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava.
Mi disse: «Figlio dell’uomo, io ti mando ai figli d’Israele, a una razza di ribelli, che si sono rivoltati contro di me. Essi e i loro padri si sono sollevati contro di me fino ad oggi. Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito. Tu dirai loro: “Dice il Signore Dio”. Ascoltino o non ascoltino – dal momento che sono una genìa di ribelli –, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro».

SALMO RESPONSORIALE (Sal 122)
Rit: I nostri occhi sono rivolti al Signore.

A te alzo i miei occhi,
a te che siedi nei cieli.
Ecco, come gli occhi dei servi
alla mano dei loro padroni.

Come gli occhi di una schiava
alla mano della sua padrona,
così i nostri occhi al Signore nostro Dio,
finché abbia pietà di noi.

Pietà di noi, Signore, pietà di noi,
siamo già troppo sazi di disprezzo,
troppo sazi noi siamo dello scherno dei gaudenti,
del disprezzo dei superbi.

SECONDA LETTURA (2Cor 12,7-10)
Mi vanterò delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia.
A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza».
Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte.

VANGELO (Mc 6,1-6)
Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria.

+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.

IL SANTO

1/enrico.jpgSant’Enrico

Tra i santi non ci sono solo martiri, persone umili o appartenenti al mondo religioso ma anche re, regine e grandi personaggi. Proprio come nel caso di sant’Enrico, venerato il 13 luglio, che fu imperatore.

Nacque nel 973 a Bamberga, in Baviera e da giovane fu affidato per la sua formazione ai canonici di Hildesheim e, in seguito, al vescovo di Ratisbona.
Divenne prima duca di Baviera, poi re di Germania e d’Italia e infine, il 22 febbraio 1014, fu incoronato da Benedetto VIII, imperatore del Sacro Romano Impero.
Tra i consiglieri ebbe Odilone, abate di Cluny, centro di riforma ecclesiastica.
Lui e la moglie Cunegonda furono protettori della Chiesa in un momento storico molto difficile ed ebbero a cuore il benessere delle abbazie benedettine nel ripristino della disciplina ecclesiastica e sociale.
Le notizie sul suo conto ci provengono da due versioni della sua vita, attribuite ad Adalberto di Utrecht e ad Adalberto di Bamberga.

Per difendere la giustizia affrontò molte guerre, con le quali rese il suo nome sempre più temuto e rispettato. Prima di iniziare una battaglia pregava insieme ai soldati.
In questo modo scacciò dall’Italia i Greci che, alleati dei Turchi, minacciavano Roma.
Nel 1006 fondò la diocesi di Bamberga e fece edificare la cattedrale e un monastero per rafforzare il suo potere in quella parte della Germania.

Restaurò molte chiese danneggiate dagli eretici, eresse sedi vescovili, fondò orfanotrofi.

In una lettera scriveva: «...ben sapendo di essere stati innalzati alla dignità regale per una gratuita disposizione della misericordia di Dio, è parsa cosa buona non solo di ampliare le chiese costruite dai nostri predecessori, ma di costruirne delle nuove a maggior gloria di Dio e dotarle di benefici e favori in segno della nostra devozione».

Sostenne la riforma cluniacense e sollecitò la recita del “Credo” nella Messa festiva.
Venne tre volte in Italia, l’ultima nel 1021, per una spedizione in Puglia contro i bizantini e sulla via del ritorno si ammalò e fu portato a Montecassino, dove, secondo la leggenda, guarì dopo aver pregato sulla tomba di san Benedetto ma restò storpio fino alla morte, avvenuta il 13 luglio 1024.

Fu sepolto nella chiesa di Bamberga e canonizzato nel 1146 dal beato Eugenio III.

Nel 1200 anche la moglie Cunegonda fu santa; con lei visse in perfetta castità, tanto da dire, in fin di vita, ai suoi suoceri: «Ve la rendo illibata come me la deste».

È patrono delle famiglie reali e degli Oblati benedettini.

Daniela Catalano

Data: 05/07/2021



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