Prosegue al Mater Dei la catechesi biblica con don Claudio Doglio - Giacobbe, l'incontro con Dio cambia la vita
TORTONA - Martedì 24 aprile il salone del centro Mater Dei è bello ricco di presenze in ascolto di don Claudio Doglio che prosegue la lettura del Libro della Genesi.
Con Abramo, di cui si è trattato in marzo, siamo ormai entrati nei cicli dei Patriarchi, i Padri del popolo di Israele ed Israele è il nuovo nome di un uomo, Giacobbe, di cui il testo biblico inizia a scrivere dal capitolo 25, presentandolo come figlio di Isacco, quindi come nipote di Abramo.
Dal matrimonio tra Isacco e la bella Rebecca nascono, infatti, due gemelli, Esaù e Giacobbe che, già alla nascita, sono in lite tra di loro (25,24-26). Intraprendente sin da bambino, un po’ imbroglione e sempre pronto ad ostacolare il fratello, il nostro Giacobbe è anche il preferito della madre che lo aiuta, con l’inganno, a strappare ad Esaù i diritti di primogenitura e la benedizione paterna (27,1-29).
Don Doglio si ferma su questo particolare: le narrazioni dei Patriarchi, organizzate come genealogie, non sono da leggere come cronache, né, tanto meno, come racconti morali: i protagonisti, infatti, non sono santi uomini e sante donne da assumere come modelli etici; sono, piuttosto, come siamo noi: esseri in cui bene e male sono sempre mescolati.
L’insistenza del narratore, allora, è soprattutto sull’azione di Dio, sulla benedizione di Dio che fa procedere la storia nonostante gli errori e le debolezze dell’umanità.
Rebecca, quindi, ha ingannato il marito Isacco ed il figlio Esaù per favorire Giacobbe, ma lo perde per sempre: scoperto l’inganno, Esaù ha giurato vendetta e Giacobbe deve fuggire.
Dovrà intraprendere un lungo viaggio verso l’oasi di Charran, dove potrà trovare rifugio presso lo zio Labano.
E Giacobbe parte.
È solo, senza altro bene che la propria giovinezza e si mette in cammino.
È un viaggio di andata che, molte lune più in là, sarà seguito da un viaggio di ritorno; il ciclo di Giacobbe, infatti, trova il proprio centro in questi due viaggi, ognuno segnato da una teofania, da un incontro con Dio e, poiché questo è il “cuore” del racconto, lo lasciamo un attimo in sospeso per vedere cosa accade in mezzo, nei vent’anni che Giacobbe trascorre presso Labano che è padre di due figlie, Lia e la bellissima Rachele di cui Giacobbe si innamora all’istante.
Nella società di allora il matrimonio tra parenti era prassi e Labano non si oppone, ma Giacobbe dovrà lavorare gratis sette anni per ottenere Rachele.
Così accade, ma colui che ha ingannato il proprio padre facendosi passare per il fratello Esaù è vittima dello stesso inganno: si festeggiano le nozze… “ed ecco, al mattino era Lia” (Gn 29, 18-25).
Anche la poligamia era prassi e, allora, Giacobbe lavora altri sette anni per ottenere Rachele, l’amata, che è sterile, mentre Lia, la disprezzata, è feconda. Comunque anche Rachele riesce poi a dare alla luce Giuseppe e Beniamino, ma dopo questo parto muore.
Giacobbe, intanto, è diventato un uomo molto ricco (30,43) e questo lo rende inviso a Labano e ai suoi figli…
È giunto il tempo di tornare nella terra di Canaan e di ripercorrere, quindi, lo stesso lungo viaggio dell’andata.
Nel primo viaggio (28,10- 22) il giovane Giacobbe non ha nulla, usa una pietra come guanciale e, vinto dalla stanchezza, si addormenta per terra.
Sogna una “scala”, uno ziqqurat, un tempio fatto a gradini, sopra il quale appare Dio che si presenta come il Dio di Abramo e di Isacco: un amico di famiglia, che conosce i nomi del nonno e del padre di Giacobbe a cui promette terra e discendenza.
È la prima tappa di un racconto di formazione; dal ciclo di Giacobbe, infatti, impariamo che le vicende della vita altro non sono che occasioni attraverso cui Dio educa.
E, passati più di vent’anni, siamo al secondo viaggio (32,23-33): nei pressi di un affluente del Giordano Giacobbe è solo ed un uomo lotta con lui fino all’aurora: si percepisce anche qui una teofania.
In questa notte di lotta Giacobbe perde e viene benedetto.
E’ l’immagine del superamento di sé, del reale cambiamento che viene segnato dal nuovo nome Israele “perché hai combattuto con Dio e hai vinto”.
Di notte, nell’acqua, dopo lo sforzo della lotta, Giacobbe è diventato un altro uomo perché ha vinto se stesso.
Come accade a Giacobbe - Israele, così è per tutti: l’incontro con Dio cambia davvero la vita.
Patrizia Govi
Data: 02/05/2012