Venerdì, 29 Marzo 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

LA SETTIMANA Vª DI QUARESIMA

LA SETTIMANA Vª DI QUARESIMA

LA PAROLA DEL VESCOVO

 Commento del Vangelo  in collaborazione con la Radio della Diocesi di Tortona. Clicca qui per ascoltare.

PRIMA LETTURA

Dal libro del profeta Isaìa
Così dice il Signore, 
che aprì una strada nel mare
e un sentiero in mezzo ad acque possenti,
che fece uscire carri e cavalli,
esercito ed eroi a un tempo;
essi giacciono morti, mai più si rialzeranno,
si spensero come un lucignolo, sono estinti:
«Non ricordate più le cose passate,
non pensate più alle cose antiche!
Ecco, io faccio una cosa nuova:
proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?
Aprirò anche nel deserto una strada,
immetterò fiumi nella steppa.
Mi glorificheranno le bestie selvatiche,
sciacalli e struzzi,
perché avrò fornito acqua al deserto,
fiumi alla steppa,
per dissetare il mio popolo, il mio eletto.
Il popolo che io ho plasmato per me
celebrerà le mie lodi».

SALMO RESPONSORIALE

Grandi cose ha fatto il Signore per noi.

Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.

Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia.

Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia.

Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni.

SECONDA LETTURA

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési 
Fratelli, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti.
Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù.

IL VANGELO DELLA DOMENICA

Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. 
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. 
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. 
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più». 

IL COMMENTO

Fonte: IL POPOLO

Anche in questa quinta tappa continua il messaggio lanciato domenica scorsa: ricordate? Il nostro Dio è un Dio misericordioso, non a parole, ma nei fatti, nelle braccia aperte all’accoglienza di chi torna a Lui con il cuore pentito.

Dalla liturgia della parola di questa domenica cogliamo, tra le tante, due sottolineature.

1. “Conoscere Gesù Cristo... Crocifisso!”: mettiamoci a confronto con quanto scrive san Paolo nella seconda lettura odierna: “Tutto io ritengo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù... anzi considero tutte le cose come spazzatura.  ... sono stato afferrato e conquistato da Cristo!

Si sente vibrare il cuore appassionato di Paolo che da persecutore diventa un innamorato di Gesù, si sente conquistato da Lui e ritiene tutto il resto cose di poco conto, spazzatura!

Il punto di partenza è la CONOSCENZA di Gesù, della sua Parola, lo stare in silenzio con Lui per conoscerne i tratti, le vibrazioni, i sentimenti, le esigenze. Il cristiano è questo: un innamorato di Gesù.

Ci accorgiamo subito di come siamo distanti da questo modello di battezzato: finché sentiamo la preghiera, l’Eucaristia, la carità... come un obbligo, un peso non abbiamo ‘conosciuto’ il Signore. Chi ama non sente la fatica!

San Paolo continua parlando di corsa, di tensione verso una méta, verso un premio, verso il futuro. Il cristiano è una persona che vive con i piedi saldamente ancorati alla terra, fedele ai suoi impegni terreni, ma con il cuore e lo sguardo rivolti verso l’alto, verso la speranza che lo attende e che gli dà forza per ... correre!

2. “Va’ in pace e non peccare più!” Alla donna, di cui parla il Vangelo, non restavano che pochi minuti di vita; già si vedeva arrivare sul corpo le pietre scagliate da una folla inferocita. Lei ha tradito il marito ed è stata colta in flagrante adulterio. La legge la condanna alla lapidazione, una delle morti più disumane e atroci. Interrogano Gesù per coglierlo in errore, ma Lui risponde: “Chi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei”

Quante pietre scagliate con la presunzione di essere buoni, giusti, dalla parte della verità, senza peccato. Quanti morti a forza di puntare il dito, di crederci migliori, quando noi tante volte commettiamo per primi gli stessi peccati.

E gli accusatori, uno dopo l’altro, se ne vanno lasciando cadere le pietre che avevano in mano.

Resta solo la donna con Gesù e alla donna Gesù lancia un messaggio di libertà e di perdono: “Va’ in pace e non peccare più!” Si spalancano orizzonti nuovi, rinasce la vita, si riaccende la speranza nel cuore e nelle vene di questa donna che aveva già la morte negli occhi. Gesù le ha dato la possibilità di ricominciare, a differenza dei suoi severi giudici pronti alla lapidazione.

Anche noi siamo chiamati a vivere il grande spettacolo del “gratuito” (del “gratis”!) dell'amore di Dio. Sperimentandolo si riparte. C'è una nuova avventura, una nuova possibilità. Con un amore nuovo nel cuore. Il Suo. L'unico che non delude!

Ogni volta che ci presentiamo nel sacramento della riconciliazione Gesù ci rimette in piedi (come il figlio della parabola di domenica scorsa), ci dà la possibilità reale di ricominciare una vita nuova e ci dona concretamente il suo aiuto perchè ciò sia possibile.

Oggi Gesù dice a te e a me: “Va’ in pace!”, non stare fermo, prigioniero della tua pigrizia, del tuo egoismo, della tua sazietà... Cammina, va’, portando la pace che per prima deve aver preso possesso del tuo cuore, quella pace che Lui ti ha dato come dono della sua morte e risurrezione. Non per nulla la pace è il primo dono di Gesù risorto: “La pace sia con voi!”.

Marco Daniele

IL SANTO DELLA SETTIMANA

Fonte: IL POPOLO

La Chiesa il 17 marzo ricorda il sacerdote martire Giovanni Sarkander, ucciso il 17 marzo 1620.

Nacque, il 20 dicembre 1576, a Skoczow una città della Slesia, in Polonia, che allora faceva parte del Regno di Boemia, da Gregorio Mattia Sarkander e dalla nobildonna Elena Górecka, sposata in seconde nozze. Giovanni fu educato ad una solida vita cristiana. Dopo la morte del padre, nel 1589, la madre si trasferì con i cinque figli, a Príbor in Moravia, città appartenente alla Diocesi di Olomouc, dove viveva il figlio del primo matrimonio Matteo  che era sacerdote, e qui Giovanni frequentò la scuola parrocchiale.

Nel 1593 entrò nel collegio dei Gesuiti di Olomouc per continuare gli studi superiori. Nel 1597 fu ammesso agli studi di filosofia, ma nel 1599 la scuola fu chiusa a causa della peste. Giovanni fu costretto a finire gli studi filosofici nel collegio dei Gesuiti a Praga. Il 9 maggio 1603 la laureò in filosofia.

Nel 1604 si trasferì a Graz in Austria, per gli studi di teologia.

Due anni dopo, il 3 settembre 1606 lasciò gli studi, per sposare Anna Platská, appartenente a una distinta famiglia luterana. La morte della fidanzata avvenuta prima delle nozze cambiò i progetti di vita di Giovanni che continuò a studiare teologia e decise di diventare sacerdote. Il 22 marzo 1608 fu ordinato sacerdote a Brno. Nel 1609 divenne viceparroco di Uničov, poi fu nominato parroco a Zdounek e nel 1613, gli fu assegnata la difficile parrocchia di Boskovice, città nota per la grande attività dei cosiddetti “Fratelli Boemi”, una comunità religiosa protestante sorta a Praga verso la metà del XV secolo che si estinse nel Seicento, con la conversione al cattolicesimo dopo la Controriforma.

Il 26 aprile 1616, Giovanni fu nominato parroco della città di Holešov, sede del luogotenente di Moravia, Ladislao Popel de Lobkovic, di cui divenne consigliere e confessore. Il luogotenente diede la chiesa di S. Anna ai cattolici e trasformò in collegio dei gesuiti la casa occupata dai Fratelli Boemi. I gesuiti affidarono la chiesa al santo che convertì circa 250 fratelli. Il suo programma di rinascita cattolica non fu però ben visto dai protestanti. Nel 1618 i nobili della Boemia e un gruppo di nobili della Moravia, in maggior parte protestanti, si rivoltarono contro l’Impero d’Austria, all’inizio della Guerra dei trent’anni.

Il protettore di Giovanni, fu incarcerato e i Gesuiti dovettero lasciare Holesov. Il santo rimase come parroco, diventando l’oggetto dell’odio della maggioranza protestante degli abitanti. Decise allora di allontanarsi da Holesov e andò a Cracovia, dove rimase per cinque mesi. Alla fine di novembre del 1619 tornò, richiamato da una lettera di De Lobkovic. Nel febbraio 1620, la cavalleria del re polacco Sigismondo II Vasa, passando per la Slesia e la Moravia diretta ad aiutare l’imperatore d’Austria, devastò e incendiò la regione. Quando i suoi Cosacchi s’avvicinarono a Holešov, Giovanni coi suoi fedeli andò loro incontro in processione eucaristica e Holešov non fu saccheggiata.

Questo avvenimento però aumentò i sospetti dei nobili moravi. Il nuovo giudice supremo della Moravia, che era protestante, fece incarcerare tutti i sacerdoti della regione. Giovanni cercò di nascondersi nelle foreste ma fu catturato e portato in catene a Olomouc come traditore della patria. Fu accusato di aver provocato l’intervento militare delle truppe polacche. Fu sottoposto a quattro interrogatori da parte di giudici protestanti, tranne uno cattolico, accompagnati da crudeli torture, dal 13 al 18 febbraio 1620. Solo le proteste dell’unico giudice cattolico del tribunale, fecero smettere la tortura, ma Giovanni dopo un mese di sofferenze in carcere, morì il 17 marzo del 1620. La notizia della sua morte crudele diede subito origine alla venerazione. I suoi contemporanei lo considerarono martire della fede.

I suoi resti mortali sono conservati nella cattedrale di Olomouc.

Giovanni è stato beatificato nel 1860. Il 21 maggio 1995 Giovanni Paolo II, che visitò la diocesi di Olomouc, attualmente nella Repubblica Ceca, lo ha canonizzato.

 

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Data: 16/03/2013



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