Giovedì, 28 Marzo 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

DOMENICA DI PASQUA - RISURREZIONE DEL SIGNORE

DOMENICA DI PASQUA - RISURREZIONE DEL SIGNORE

PRIMA LETTURA

Dagli Atti degli Apostoli 
In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. 
E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. 
E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome».

SALMO RESPONSORIALE

Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo.

Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».

La destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto prodezze.
Non morirò, ma resterò in vita
e annuncerò le opere del Signore.

La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.

SECONDA LETTURA

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési 
Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. 
Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria. 

IL VANGELO DELLA DOMENICA

Dal Vangelo secondo Giovanni
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

 

IL COMMENTO

Oggi celebriamo il più straordinario mancato appuntamento della storia, oggi celebriamo la più sconcertante notizia del vangelo, oggi affondiamo le radici (e il cuore) nell'Assoluto di Dio.

Ci siamo trovati tre giorni, lungo la settimana, per ripercorrere gli ultimi drammatici avvenimenti della vita di Gesù.

Abbiamo meditato il suo silenzio, ci siamo stupiti del suo dubbio, siamo inorriditi davanti all'ennesima ingiustizia commessa ai danni di un uomo buono e solidale.

Come gli apostoli siamo fuggiti inorriditi e ci siamo rifugiati nei meandri della nostra frenetica vita davanti alla violenza degli uomini, di fronte all'insostenibile morte politicamente scorretta del Nazareno.

Pasqua è il tema più arduo e più bello di tutta la Bibbia.

Arduo perché va contro ogni evidenza e ogni logica, bello perché la vita si riaccende di vita, se credo.

Pasqua non porta solo la «salvezza», che è il tirarci fuori dalla perdizione, dalle acque che ci minacciano, ma la «redenzione», che è molto di più, che è trasformare la debolezza in forza, la maledizione in benedizione, la croce in gloria, il tradimento di Pietro in atto di fede, il mio difetto in energia nuova, la fuga in una corsa trepida.

1/pietroegiovannicorrono.jpgMaria corse da Simone e dall’altro discepolo, che Gesù amava... correvano insieme Pietro e Giovanni.

Perché tutti corrono nel mattino di Pasqua? Che bisogno c’era di correre?

Tutto ciò che riguarda Gesù non sopporta mediocrità, merita la fretta dell’amore: l’amore ha sempre fretta, chi ama è sempre in ritardo sulla fame di abbracci.

Corrono, sospinti da un cuore in tumulto, perché hanno ansia di luce, e la vita ha fretta di rotolare via i macigni dall’imboccatura del cuore.

L’altro discepolo, quello che Gesù amava, corse più veloce. Giovanni arriva prima di Pietro, arriva per primo a capire il significato della risurrezione, e a credere in essa. L’amato ha «intelletto d’amore» (Dante), l’intelligenza del cuore. Un detto medievale afferma: i sapienti camminano, i giusti corrono, solo gli innamorati volano.

Chi ama o è amato capisce di più, capisce prima, capisce più a fondo.

Vide i teli posati là.

Giovanni entrò, vide e credette. Anche di Pietro è detto che vide, ma non che credette.

Giovanni crede perché i segni sono eloquenti solo per il cuore che sa leggerli. Giovanni ha il cuore pronto a bruciare la distanza tra Gerusalemme e il giardino, tra i segni e il loro significato, tra i teli posati là e il corpo assente. È pronto perché amato.

Il primo segno di Pasqua è il sepolcro vuoto, il corpo assente. Nella storia umana manca un corpo per chiudere in pareggio il conto degli uccisi.

Manca un corpo alla contabilità della morte, i suoi conti sono in perdita.

Manca un corpo al bilancio della violenza, il suo bilancio è in deficit.

Pasqua solleva la nostra terra, questo pianeta di tombe, verso un mondo nuovo, dove il male non vince, dove il carnefice non ha ragione della sua vittima in eterno, dove le piaghe della vita possono distillare guarigione.

Pasqua, per dirla con le Parole di San Paolo, è: «Il buon profumo di Cristo è odore di vita per la vita» ( 2 Cor 2,16).

Allora, di cuore, vi auguro una Santa Pasqua così:

Lo diremo a tutti, Signore!

Diremo che tu sei il Dio della vita,

a chi ti cerca diremo di non perdere tempo tra i sepolcri.

Tu non sei un Dio morto. Tu non abiti in una tomba.

Diremo che la vita nell'amore vince ogni morte,

diremo che la vita donata per amore risorge

e che quella trattenuta nel possesso marcisce.

Diremo che quel sepolcro era vuoto, strappato al buio della morte

e che la luce della Pasqua può sconfiggere le ombre che ci abitano.

Lo diremo a tutti, Signore.

Lo diremo anche stando in silenzio,

anche solo con un sorriso.

Tu sei il Dio della vita.

 Amen. Alleluia!

 Marco Daniele

 

IL SANTO DELLA SETTIMANA

Fonte: IL POPOLO

La Chiesa il 2 aprile ricorda san Francisco Coll Guittart, sacerdote dell’Ordine dei Frati Predicatori Domenicani e fondatore delle Domenicane dell’Annunziata, beatificato nel 1979 e proclamato santo l’11 ottobre 2009. Nacque il 18 maggio 1812 a Gombreny, nella diocesi di Vich, vicino a Barcellona, ultimo di dieci figli, da due poveri cardatori di lana. Mentre era un ragazzo fu visto spesso salire sopra una sedia per predicare ai suoi compagni e la madre notando il suo ardore religioso gli propose di studiare nel seminario di Vich, dove entrò nel 1823. Un giorno, mentre camminava in una via di Vich un misterioso personaggio, che ritenne fosse S. Giuseppe, gli si avvicinò e gli disse: “Tu devi farti domenicano”.

Scosso da quella esortazione, Francesco andò a bussare alla porta del convento dei Frati Predicatori, ma poiché non disponeva del denaro sufficiente per le spese del noviziato, non fu accettato. Allora fece richiesta al P. Priore del convento di Gerona dove fu accolto e dove emise poi la sua professione solenne e ricevette il diaconato.

Nell’agosto del 1835, con i fratelli della comunità, si vide obbligato ad abbandonare il convento a causa delle leggi persecutorie contro i religiosi in Spagna. Visse eroicamente la sua consacrazione religiosa come frate “ex claustrato”, visto che per tutta la durata della sua vita non fu possibile riaprire nessun convento di frati dell’Ordine dei Predicatori nel territorio della Provincia di Aragona alla quale apparteneva.

Ricevette l’ordinazione sacerdotale a Solsona il 28 maggio 1836 e, in accordo con i superiori, offrì il suo servizio sacerdotale al Vescovo di Vic. Questi lo inviò come coadiutore alla parrocchia di Artés, prima e, nel dicembre del 1839, a quella de Moià. Il paese era stato preso e incendiato dai sostenitori di Don Car-los, il quale aspirava al trono di Spagna lasciato in eredità a Isabella II da suo fratello, Ferdinando VII.

Nel rogo erano perite più di cento persone. Don Francesco riuscì in poco tempo a pacificare gli animi esacerbati istituendo il mese mariano, dando grande impulso alle associazioni pie e alle confraternite, prendendosi particolare cura dei malati e dei bambini ai quali insegnò il catechismo. Francesco in quegli anni sentì forte il desiderio di dedicarsi esclusivamente al ministero della predicazione. Avuto il permesso dal vescovo nel 1845, cominciò a percorrere tutti i paesi della Catalogna suscitando entusiasmo tra i fedeli e operando numerose conversioni. Nel 1848 ricevette il titolo di Missionario Apostolico grazie a S. Antonio M. Claret, anche lui grande predicatore.

Nel 1850 fu nominato direttore del Terz’Ordine per la regione catalana. Per quarant’anni predicò intensamente in tutta la Catalogna, sia nelle missioni popolari di gruppo, sia in quelle individuali, divenendo un importante strumento di rinnovamento religioso della società. La sua predicazione si fondava sulla fedeltà al Vangelo, sul facile superamento delle circostanze avverse e sulla fede nella vita eterna. Il santo nel corso delle sue peregrinazioni apostoliche  rimase molto impressionato dall’ignoranza in cui crescevano i bambini, e dall’impossibilità in cui si trovavano tante giovani di farsi religiose per mancanza di mezzi finanziari. Per rimediare a questi mali pensò di istituire a Vich il 15 agosto 1855 la congregazione delle Domenicane dell’Annunziata.

Per la grande povertà degli inizi l’opera minacciò di naufragare ma il suo fondatore per sostenerla cominciò ad accettare quanto i parroci gli offrivano e prima di morire riuscì ad aprire 56 case. Nel 1857 scrisse al suo antico compagno di missione, S. Antonio M. Claret, che era confessore della regina Isabella II, per ottenere che il governo desse facoltà alle sue suore d’insegnare in pubblico. Nel 1871 fu reso cieco da un colpo apoplettico. Il 20 gennaio 1873 un altro attacco apoplettico gli causò la perdita delle facoltà mentali. Nell’ottobre del 1874 si aggravò e morì a Vich il 2 aprile 1875.

Il suo corpo è venerato nella casa madre della Congregazione da lui fondata.

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Data: 28/03/2013



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