Venerdì, 29 Marzo 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

PRIMA LETTURA

Dal libro della Sapienza
La notte [della liberazione] fu preannunciata ai nostri padri,
perché avessero coraggio,
sapendo bene a quali giuramenti avevano prestato fedeltà.
Il tuo popolo infatti era in attesa
della salvezza dei giusti, della rovina dei nemici.
Difatti come punisti gli avversari,
così glorificasti noi, chiamandoci a te.
I figli santi dei giusti offrivano sacrifici in segreto
e si imposero, concordi, questa legge divina:
di condividere allo stesso modo successi e pericoli,
intonando subito le sacre lodi dei padri.

SALMO RESPONSORIALE

Beato il popolo scelto dal Signore.

Esultate, o giusti, nel Signore;
per gli uomini retti è bella la lode.
Beata la nazione che ha il Signore come Dio,
il popolo che egli ha scelto come sua eredità.

Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.

L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo.

SECONDA LETTURA

Dalla lettera agli Ebrei
Fratelli, la fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio.
Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava.
Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso.
Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare.
Nella fede morirono tutti costoro, senza aver ottenuto i beni promessi, ma li videro e li salutarono solo da lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sulla terra. Chi parla così, mostra di essere alla ricerca di una patria. Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto la possibilità di ritornarvi; ora invece essi aspirano a una patria migliore, cioè a quella celeste. Per questo Dio non si vergogna di essere chiamato loro Dio. Ha preparato infatti per loro una città.
Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: «Mediante Isacco avrai una tua discendenza». Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo.

IL VANGELO DELLA DOMENICA

Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.
Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. 
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! 
Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». 
Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. 
Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli. 
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. 
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».

IL COMMENTO

 

IL SANTO DELLA SETTIMANA 

San Massimiliano Kolbe

Il 14 agosto ricorre la memoria di san Massimiliano Kolbe, beatificato nel 1971 da papa Paolo VI e stato proclamato santo nel 1982 da papa Giovanni Paolo II. Nacque l’8 gennaio del 1894 a Zdunska Wola, in Polonia, in una zona polacca sotto il controllo della Russia, in una famiglia molto credente e fu battezzato con il nome di Raimondo. 

Nella sua adolescenza, si sente affascinato dall’ideale di San Francesco d’Assisi e decise di entrare nel seminario minore dei Francescani conventuali di Leopoli.

Il 4 settembre 1910 vestì come novizio l’abito francescano assumendo il nome di Massimiliano. L’anno successivo fu inviato a Cracovia e poi a Roma per continuare gli studi in filosofia e teologia. Conseguì due lauree, una nella sede della Pontificia Università Gregoriana e l’altra al Collegio Serafico Internazionale. Nel 1914 professò i voti perpetui. Mentre l’Europa era sconvolta dalla Prima Guerra Mondiale, Massimiliano cominciò a sognare una grande opera al servizio dell’Immacolata per l’avvento del Regno di Cristo.
Nel suo soggiorno romano si manifestò la tubercolosi che l’accompagnò per tutta la vita. Proprio a Roma, la sera del 16 ottobre 1917, fondò con alcuni compagni la "Milizia dell'Immacolata". Il suo fine era la conversione e la santificazione di tutti gli uomini attraverso l'offerta incondizionata alla Vergine Maria.

L'obiettivo era dare continuità anche sul fronte esistenziale e pastorale al legame dei Frati Minori Conventuali con Maria, diffondendone nel mondo la devozione anche attraverso i mezzi offerti dalle tecnologie del tempo, quali la stampa e la radio. Fu ordinato sacerdote il 28 aprile 1918. Nel 1919, conseguito il dottorato in teologia presso la Facoltà Teologica di san Bonaventura, ritornò a Cracovia, dove iniziò il lavoro di organizzazione e animazione del movimento della Milizia dell’Immacolata. 
Come strumento di collegamento tra gli aderenti al movimento, nel 1921, fondò la rivista “Il Cavaliere dell'Immacolata”.

A Grodno a 600 km da Cracovia, dove era stato trasferito, impiantò l’officina per la stampa del giornale. A Varsavia con la donazione di un terreno da parte del conte Lubecki, fondò “Niepokalanow”, la Città di Maria. Il “Cavaliere dell’Immacolata” raggiunse la tiratura di milioni di copie, a cui si aggiunsero altri sette periodici.
Con il desiderio di espandere il suo Movimento mariano oltre i confini polacchi, si recò in Giappone nel 1930 con altri quattro frati e fondò "Mugenzai no Sono" o "Giardino dell'Immacolata", nella periferia di Nagasaki. Stampò anche una rivista mariana. Questa città rimase intatta quando nel 1945 esplose, a Nagasaki, la bomba atomica. Sottolineando l’importanza della devozione a Maria, il santo amava ripetere che “Chi ha Maria per madre, ha Cristo per fratello”. Nel 1932 si recò in India per valutare la possibilità di fondare una nuova missione ma, dopo un breve soggiorno nel distretto di Ernakulam, decise di tornare a Nagasaki, dove nel 1936 aprì anche il seminario. Nel 1936 Kolbe lasciò il Giappone, rientrando in Polonia dopo un tragitto via mare passando per Manila e Genova.

In Polonia Kolbe si dedicò al rafforzamento di Niepokalanow e, nel 1937, si recò nuovamente in Italia per partecipare ai festeggiamenti del movimento mariano.

Nel 1938 conseguì la licenza di radioamatore e fu attivo per alcuni anni con il nominativo SP 3 RN, motivo per cui è ancora oggi il santo patrono dei radioamatori italiani.

Nel maggio del 1939 si recò quindi in Lettonia dove intendeva creare, su un terreno offerto in donazione nella località di Romanowska, una nuova Città di Maria.
Nel settembre del 1939, però, scoppiò la Seconda Guerra Mondiale e Niepokalanow fu bombardata e saccheggiata. I religiosi dovettero abbandonarla.

Il santo fu arrestato e fece tre mesi di prigionia, poi fu liberato l'8 dicembre del 1939. Tornato a Niepokalanow, la trasformò in ospedale e asilo per migliaia di profughi. La sua libertà però durò poco.

Il 17 febbraio 1941 fu nuovamente e arrestato dalla Gestapo e incarcerato nel carcere Pawiak di Varsavia. Il 28 maggio dello stesso anno fu deportato nel campo di sterminio di Auschwitz, nel quale gli viene assegnato il numero 16670.

Alla fine di luglio fu trasferito al Blocco 14, dove i prigionieri erano addetti alla mietitura nei campi. Quando uno di loro riuscì a fuggire, dieci prigionieri vennero destinati al bunker della morte. Padre Kolbe si offrì in cambio di un padre di famiglia, suo compagno di prigionia.
Kolbe fu quindi rinchiuso nel bunker del Blocco 13.

Dopo due settimane di agonia senza acqua né cibo la maggioranza dei condannati era morta di stenti, ma quattro di loro, tra cui il santo, erano ancora vivi e continuavano a pregare e cantare inni a Maria.
Allora lui e i suoi compagni furono uccisi il 14 agosto 1941, vigilia della Festa dell’Assunzione di Maria, con una iniezione di acido fenico.
Il loro corpo fu cremato il giorno seguente, e le ceneri disperse.

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Data: 06/08/2013



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