Venerdì, 29 Marzo 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Prima Lettura

Dal secondo libro dei Maccabèi

2 Mc 7,1-2.9-14

In quei giorni, ci fu il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re, a forza di flagelli e nerbate, a cibarsi di carni suine proibite. Uno di loro, facendosi interprete di tutti, disse: «Che cosa cerchi o vuoi sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri».

[E il secondo,] giunto all'ultimo respiro, disse: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell'universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna». Dopo costui fu torturato il terzo, che alla loro richiesta mise fuori prontamente la lingua e stese con coraggio le mani, dicendo dignitosamente: «Dal Cielo ho queste membra e per le sue leggi le disprezzo, perché da lui spero di riaverle di nuovo». Lo stesso re e i suoi dignitari rimasero colpiti dalla fierezza di questo giovane, che non teneva in nessun conto le torture.

Fatto morire anche questo, si misero a straziare il quarto con gli stessi tormenti. Ridotto in fin di vita, egli diceva: «È preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te non ci sarà davvero risurrezione per la vita».

Parola di Dio.

Rendiamo grazie a Dio

 

Salmo Responsoriale

Dal Salmo 16 (17)

R/. Ci sazieremo, Signore, contemplando il tuo volto.

 

Ascolta, Signore, la mia giusta causa, sii attento al mio grido.

Porgi l’orecchio alla mia preghiera:

sulle mie labbra non c’è inganno. R/.

 

Tieni saldi i miei passi sulle tue vie

e i miei piedi non vacilleranno.

Io t’invoco poiché tu mi rispondi, o Dio; tendi a me l’orecchio, ascolta le mie parole. R/.

 

Custodiscimi come pupilla degli occhi, all’ombra delle tue ali nascondimi, io nella giustizia contemplerò il tuo volto, al risveglio mi sazierò della tua immagine. R/.

 

Seconda Lettura

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési

2 Ts 2,16-3,5

Fratelli, lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene.

Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore corra e sia glorificata, come lo è anche tra voi, e veniamo liberati dagli uomini corrotti e malvagi. La fede infatti non è di tutti. Ma il Signore è fedele: egli vi confermerà e vi custodirà dal Maligno.

Riguardo a voi, abbiamo questa fiducia nel Signore: che quanto noi vi ordiniamo già lo facciate e continuerete a farlo. Il Signore guidi i vostri cuori all’amore di Dio e alla pazienza di Cristo.

Parola di Dio.

Rendiamo grazie a Dio

 

Vangelo

Dal vangelo secondo Luca

Lc 20,27-38

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

Il commento

Le ultime domeniche dell'anno liturgico - oggi è la terz'ultima - invitano a considerare il futuro, le "realtà ultime" del mondo nel suo insieme, e di ciascun uomo in particolare. E' un invito a regolare il transitorio presente in base all'esito che gli atteggiamenti di oggi produrranno in forma definitiva nel mondo venturo. Con l'episodio narrato dal vangelo di questa domenica, il rapporto tra presente e futuro tocca un tema di forte impatto nella vita di tutti. Gli avversari di Gesù, in questo caso i sadducei che non credevano nella vita eterna, tentano di mostrare l'inconsistenza del suo insegnamento in proposito, presentandogli un caso-limite, verosimilmente inventato.

 

"Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. C'erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l'hanno avuta in moglie".


In verità, per presentare lo pseudo - problema non occorreva fare ricorso alla legge mosaica detta del levirato (a un uomo era imposto di dare discendenti al fratello defunto, sposandone la vedova): qualunque vedova che si rimariti, di quale sarà moglie nell'aldilà? Né occorre precisare che la stessa domanda vale per un uomo, che in questa vita abbia contratto più di un matrimonio. Nella vita eterna, risponde Gesù, non ha più senso parlare di moglie e marito; chi raggiunge la perfezione dell'esistenza, la vive da figlio di Dio: vive cioè l'amore per Lui e per i fratelli, senza più i limiti e i condizionamenti derivanti dall'avere un corpo.

 

Non ci sarà più bisogno di dare dimostrazioni dell'amore al prossimo, né dando un pane a chi ha fame, né passando le notti al capezzale del malato, e neppure - per venire al caso in questione - attraverso l'esercizio della sessualità. Molti pongono l'amore al centro della propria vita, intendendo per amore l'appagamento degli istinti sessuali. Ma una tale concezione riduce il partner a uno strumento, a una "cosa" di cui servirsi. In altre parole, spesso si dà il nome di amore a quello che in realtà è una manifestazione di egoismo. Sta qui la causa, a ben guardare, del fallimento di molti matrimoni: se si concepisce il coniuge come chi può soddisfare i propri bisogni, si capisce perché, quando non è più in grado di farlo, o si incontra chi si ritiene lo possa fare meglio, lo si accantona.

 

L'amore invece, nell'ottica evangelica, è l'opposto: è dono di sé, è ricerca del bene dell'altro, che nel matrimonio si esprime in grado eminente attraverso il rapporto sessuale. Questo vale nella vita presente, quando i moti dell'anima si manifestano attraverso il corpo; nella vita eterna, pienezza della comunione con Dio, Amore infinito e perfetto, l'amore umano sussiste e persiste, ma finalmente liberato dai condizionamenti terreni: del tempo, dello spazio, della fisicità.

 

"Quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito", dice Gesù. Il che non significa ignorare chi si è amato: l'amore continua, ma, immersi nell'amore di Dio, tra noi ci si amerà in altro modo, più perfetto e completo, senza aver bisogno di manifestarlo fisicamente. Le parole di Gesù sottintendono la giusta considerazione dell'amore fisico, che trova il suo senso e la sua bellezza nel matrimonio, dove tuttavia non è il fine ma un mezzo: il mezzo dato a un uomo e una donna di manifestarsi reciprocamente il dono di sé.

 

E’ un invito alla speranza il vangelo di oggi. L'ultima parola non è la morte, ma la vittoria di Cristo su di essa, la vita di figli di Dio, resi tutti capaci di generare nella forza del suo Vangelo. 
Questa è la sola risposta che spegne tutte le false domande e accende le speranze. Vincere la paura di morire è tornare ad amare la vita, a credere nella vita per sempre, la vita eterna.

 

Il Santo

Il prossimo 11 novembre, la Chiesa fa memoria di San Bartolomeo il giovane, 1/san bartolomeo.jpgmonaco e abate calabrese.Nacque Rossano, in provincia di Cosenza, intorno al 980 da una nobile famiglia, originaria di Costantinopoli.  Il suo nome di battesimo era Basilio, che cambiò in Bartolomeo quando entrò nell’Ordine basiliano.  I genitori all’età di sette anni, lo affidarono ai monaci bizantini del monastero di San Giovanni Calibyta a Caloveto. Si spostò poi nel monastero di Vallelucio, presso Montecassino, che fu concesso dai monaci benedettini ai monaci basiliani e dove si trovava san Nilo, originario del suo stesso paese. Fu attratto dalla sua personalità e gli fu vicino fino alla morte. Nel 994, dopo la morte dell’abate Aligerno e l’elezione di Mansone, San Nilo, seguito da Bartolomeo, si spostò con un gruppo di monaci a Serperi, presso Gaeta, per sottrarre la comunità alla corruzione che sotto il nuovo abate dilagava. A Serperi Bartolomeo visse per dieci anni, osservando digiuni e astinenze. Nel 998 si recò a Roma con San Nilo per intercedere, ma invano, presso Gregorio V e Ottone III in favore dell’antipapa Giovanni XVI, autoproclamatosi Papa. La missione non ebbe l’effetto sperato, poiché l’antipapa Giovanni Filogato, compaesano di Nilo e Bartolomeo, morì in carcere. Durante il viaggio, presso l’attuale Grottaferrata, comparve ai due monaci la Madonna che chiese loro di erigere sul luogo un tempio e un monastero. Ma Nilo morì nel 1004, e fu proprio Bartolomeo a curare la realizzazione del monastero, del quale divenne poi abate (igumeno) e della chiesa che fu consacrata da Papa Giovanni XIX il 17 dicembre 1024 e intitolata a Maria Madre di Dio. Il santo fu anche molto amico dei pontifici Benedetto VIII e Benedetto IX. L’attività di Bartolomeo consistette soprattutto nell’organizzazione della vita monastica della comunità criptense (Grottaferrata in latino era Crypta ferrata), seguendo l’esempio di Nilo. Il santo che era il suo discepolo prediletto parlando di San Nilo diceva: “vedeva che tutti gli uomini, tutti gli animali che si muovevano sulla terra, erano in cecità e totalmente privi di luce e la terra stessa tutta quanta era circondata da una tenebra profonda e da un’immensa caligine”. Grazie a Bartolomeo il convento di Grottaferrata diventò un notevole scriptorium di codici greci e anche un centro di rito greco e di cultura bizantina proprio alle porte di Roma e sotto la protezione diretta della sede pontificia. Al santo è attribuita la redazione di un Typikon (raccolta di norme che regolano lo svolgimento della sacra officiatura quotidiana della comunità), di cui si possiede una versione rimaneggiata dell’anno 1300, scritta dal monaco Giuseppe Melendita. Il Typikon criptense si rifà alle prescrizioni della tradizione che rimonta a quello di Teodoro Studita (tradizione studitana), con aggiunte prese dalla tradizione orale niliana, che certo si era formata nei cinquant’anni in cui Nilo aveva guidato la comunità. A Bartolomeo viene anche attribuita una notevole e pregevole attività di amanuense di molti codici liturgici e libri riguardanti l’officiatura. Tutta la sua produzione letteraria in manoscritti è conservata a Grottaferrata. Sulla sua vita è stata tramandata una biografia di modeste proporzioni, il cui autore sembra essere un monaco suo discepolo. Questo testo tradotto in latino e in greco venne pubblicato nel 1684. Un’altra versione latina e greca venne pubblicata dal padri Maurini nel 1729. Nel 1864 venne edita la terza biografia del santo a cura del cardinale Mai, nella quale è posta in evidenza l’opera benefica di Barto-lomeo per la riforma della Chiesa nella sua epoca. Bartolomeo durante la sua vita si dedicò molto a opere di carità verso gli indigenti e alla composizione di liti fra potenti, fra le quali la violenta controversia che opponeva Guimaro V di Salerno al duca di Gaeta, Adenolfo d’Aquino. Su di lui si narrano dei miracoli compiuti mentre era ancora in vita. Morì intorno al 1055 e fu sepolto accanto a san Nilo nel monastero di Grottaferrata. Dei loro resti si hanno notizie fino al 1300, dopo questa data se ne perde ogni traccia.

Approfondimenti

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Data: 07/11/2013



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