Giovedì, 18 Aprile 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Prima lettura 

Dal libro del profeta Malachìa
Ecco: sta per venire il giorno rovente come un forno. 
Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà – dice il Signore degli eserciti – fino a non lasciar loro né radice né germoglio. 
Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia.

Salmo responsoriale

Il Signore giudicherà il mondo con giustizia.

Cantate inni al Signore con la cetra,
con la cetra e al suono di strumenti a corde;
con le trombe e al suono del corno
acclamate davanti al re, il Signore.

Risuoni il mare e quanto racchiude,
il mondo e i suoi abitanti.
I fiumi battano le mani,
esultino insieme le montagne
davanti al Signore che viene a giudicare la terra. 

Giudicherà il mondo con giustizia
e i popoli con rettitudine.

Seconda lettura

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési
Fratelli, sapete in che modo dovete prenderci a modello: noi infatti non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi. 
Non che non ne avessimo diritto, ma per darci a voi come modello da imitare. E infatti quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non vuole lavorare, neppure mangi. 
Sentiamo infatti che alcuni fra voi vivono una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione. A questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità.

† Vangelo

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». 
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. 
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. 
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. 
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

Il commento

Il vangelo di domenica scorsa parlava della vita oltre questa, cioè della vita eterna; quello di questa domenica parla del relativo passaggio, prospettando come potrà avvenire. "Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno, e vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze (...) Sarete traditi persino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici". Quando accadranno queste cose? E' la domanda che rivolgono a Gesù, e a noi forse pare di avere la risposta in corso, considerando quanto accade intorno a noi: guerre, attentati, sistematiche violazioni dei diritti umani. Si direbbe che la catastrofe incomba su di noi; anche il Vangelo sembra dar ragione agli immancabili profeti di sventura, che preannunciano imminente la fine del mondo.

In realtà, considerando bene la storia si vedrebbe che simili cose sono sempre accadute; la differenza rispetto al passato sta nel fatto che, col moltiplicarsi dei mezzi di informazione, oggi si sa, subito e tutto, quanto accade in ogni parte del globo, e il cumulo delle notizie negative soverchia la nostra capacità di recepirle e rispondervi in modo adeguato. E' vero: questo mondo finirà, ma nessuno è in grado di dire quando; chi allo scopo consulta Nostradamus o il calendario Maya o altre cabale invoglia solo a sorridere.

Diverso è invece il discorso relativo alla presenza di ciascun uomo in questo mondo: nessuno sa quando esattamente la propria vita finirà; potrebbe essere domani, tra un anno, tra cinquanta o più, ma in ogni caso sarà entro termini non poi lontanissimi. Ed è a "questo" termine che il Vangelo, nel passo di oggi e in tanti altri, intende preparare; per ogni singolo uomo, la fine del mondo è la fine della sua presenza in questo mondo.

Certo non sarà facile: potremo essere traditi persino dai parenti, come è riportato sopra, e potremo subire persecuzioni, come - anche se giornali e televisione pare tendano a passarlo sotto silenzio - anche ora avviene ai cristiani in varie parti del mondo. L'orizzonte del cristiano comprende la possibilità di subire persecuzione: gli esempi non mancano, anche recenti; l'elenco dei martiri del Novecento ne conta forse più dei tanti che segnarono nei primi secoli l' "era dei martiri", senza parlare delle forme incruente ma non meno dolorose di persecuzione date da soprusi, discriminazioni ed emarginazioni.

E laddove, come da noi, questo non accade, resta pur sempre l'impegno di testimoniare la fede, vale a dire viverla con coerenza, ogni giorno, sino alla fine. "Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime", conclude il brano di oggi; in altre parole, una coerente vita secondo la fede consente di pensare alla "personale" fine del mondo senza angoscia, nella fiducia che essa significhi il passaggio ai cieli nuovi e terre nuove di cui parla l'Apocalisse, tra le braccia del "Padre nostro". Una postilla, non certo con la presunzione di aggiungere qualcosa alla sacra Scrittura. Richiamandone altre pagine, si può ricordare che la coerenza è il modo più efficace dato al cristiano per assicurarsi la vita eterna ma anche, nel contempo, per migliorare questo mondo e questa società di cui si lamenta la decadenza. Chi vive secondo la fede sa come superare la sterilità dei lamenti, sa come darsi da fare.

Il santo

1/SRAFFAELEK.JPGIl 15 novembre la Chiesa ricorda Padre Raffaele di San Giuseppe appartenente all’Ordine dei Carmelitani Scalzi. Josef Kalinowski nacque il 1° settembre 1835 a Wilno, capitale di Lituania, da genitori polacchi di nobili origini. Primo di nove fratelli, al battesimo ricevette il nome di Giuseppe. Frequentò l’Accademia del Genio Militare di Pietroburgo. Durante la permanenza a Pietroburgo ebbe una profonda crisi religiosa. All’Accademia del Genio Militare ottenne il titolo d’ingegnere e il grado di tenente. Si trasferì a Kursk per tracciare il progetto della linea ferroviaria da Kursk a Odessa. La lettura in quel periodo de “Le confessioni” di Sant’Agostino, fu importante per il cambiamento della sua vita e peril ritorno alla pratica religiosa. Nel 1860, si trasferì a Brest come sovraintendente alla manutenzione e fortificazione della fortezza di Brest - Litowski, e vi rimase fino al 1863. Fu promosso Capitano di Stato Maggiore. Da qui dovette recarsi spesso a Varsavia, dove conobbe il movimento patriottico, di religione cattolica, che organizzava l’insurrezione contro la Russia. La dolorosa sorte dei cattolici perseguitati dal governo zarista e la situazione della gioventù, impossibilitata a studiare, lo colpirono profondamente. Nel gennaio 1863, allo scoppio dell’insurrezione polacca, Kalinowski capì di non potere rimanere con i Russi. Con il pretesto della poca salute chiese e ottenne il congedo dal servizio militare. Si mise a disposizione del governo nazionale polacco clandestino e fu invitato ad assumere l’incarico di Ministro della guerra in Li-tuania. Egli accettò con la riserva però di non pronunciare mai sentenze di morte.

Da ministro salvò molti insorti dalla morte e convinse il comandante in capo a terminare le ostilità.

Purtroppo l’insurrezione fu stroncata con ferocia inaudita e il santo nella notte del 24 marzo 1864, fu arrestato. Al processo, Kalinowski si addossò anche le colpe altrui e fu condannato alla fucilazione, ma il governatore fu costretto a commutare la sentenza capitale nella condanna a dieci anni di lavori forzati in Siberia. In carcere organizzò la sua vita sul modello di quella dei religiosi. Fu mandato a lavorare in una salina sull’isola di Usula.

Dal punto di vista religioso il decennio di esilio in Russia divenne un tempo di grazia straordinaria.

Nella primavera del 1874 fu liberato. Quando tornò in Polonia accettò di curare la formazione del giovane principe Augusto, figlio di Ladislao Czatoryski, capo degli emigrati polacchi in Francia e residente a Parigi. Trascorse tre anni con Augusto a Parigi e in diverse località d’Europa e venne anche in Italia.

Fu proprio questo giovane a far nascere l’occasione di conoscere il Carmelo. Il santo, infatti, lo accompagnò a trovare una zia carmelitana scalza. In Polonia l’Ordine Carmelitano, dopo ripetute soppressioni, sopravviveva in un solo convento di frati e in un solo monastero di suore. Le monache sognavano e pregavano perché sorgesse una guida forte e capace di restaurare il Carmelo e, quando conobbero Kalinowski, pensarono d’aver trovato l’uomo giusto. Il 15 luglio 1877, a 42 anni, festa della Madonna del Carmine, si presentò al noviziato dei Carmelitani Scalzi di Graz, in Austria.

Giuseppe ricevette l’abito dell’ordine carmelitano e il nuovo nome di Raffaele di S. Giuseppe. Fu inviato in Polonia, a Czerna, l’unico convento carmelitano superstite, dove, il 15 gennaio 1882, a 46 anni fu ordinato sacerdote. Padre Raffaele cominciò subito ad attirare molti fedeli come confessore, impegnato per ore e ore con i penitenti.

L’Ordine lo chiamò a fondare nuove comunità (due a Cracovia, una a Przemysl, una a Leopoli in Ucrai-na) e lui andò “con gioiosa accettazione della sofferenza”.

A Wadowice, nel 1892 creò il florido vivaio carmelitano detto “Colli-na di san Giuseppe”.

Morì a 72 anni, il 15 novembre 1907, mentre era priore del convento,  baciando il crocifisso e ripetendo: “Abbi misericordia, dammi pazienza”. Fu sepolto nel cimitero del convento di Czerna presso Cracovia. Fu beatificato a Cracovia da Giovanni Paolo II il 22 giugno 1983 e canonizzato a Roma il 17 novembre 1991.

Approfondimenti

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Data: 13/11/2013



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