Giovedì, 28 Marzo 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

IL COMMENTO DI DON CLAUDIO DOGLIO

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PRIMA LETTURA

Dal libro del profeta Isaìa  

Così dice il Signore:
«Non consiste forse [il digiuno che voglio]
nel dividere il pane con l’affamato,
nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto,
nel vestire uno che vedi nudo,
senza trascurare i tuoi parenti?
Allora la tua luce sorgerà come l’aurora,
la tua ferita si rimarginerà presto.
Davanti a te camminerà la tua giustizia,
la gloria del Signore ti seguirà.
Allora invocherai e il Signore ti risponderà,
implorerai aiuto ed egli dirà: “Eccomi!”.
Se toglierai di mezzo a te l’oppressione,
il puntare il dito e il parlare empio,
se aprirai il tuo cuore all’affamato,
se sazierai l’afflitto di cuore,
allora brillerà fra le tenebre la tua luce,
la tua tenebra sarà come il meriggio».

SALMO

Il giusto risplende come luce.

Spunta nelle tenebre, luce per gli uomini retti:
misericordioso, pietoso e giusto.
Felice l’uomo pietoso che dà in prestito,
amministra i suoi beni con giustizia.

Egli non vacillerà in eterno:
eterno sarà il ricordo del giusto.
Cattive notizie non avrà da temere,
saldo è il suo cuore, confida nel Signore.

Sicuro è il suo cuore, non teme,
egli dona largamente ai poveri,
la sua giustizia rimane per sempre,
la sua fronte s’innalza nella gloria.

SECONDA LETTURA

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 

Io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso. 
Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.

VANGELO

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».

IL SANTO

Fonte: IL POPOLO

1/sgerolamoemiliani.JPGIl santo di questa settimana, che la Chiesa celebra l’8 febbraio, è il fondatore dei Chierici Regolari Somaschi. San Girolamo Emiliani nacque, nel 1486, a Venezia, vicino al Canal Grande. Ultimo di quattro fratelli, fin da piccolo venne educato alla fede cristiana.
Suo padre, commerciante di lana, aveva degli incarichi presso il Governo della Repubblica di Venezia ed era senatore della Serenissima, la madre era discendente di dogi. A soli dieci anni rimase orfano di padre e nel 1506 iniziò la carriera pubblica. Nel 1510 a Girolamo, che si era distinto con le armi, fu affidato il Castello di Quero, sul fiume Piave, luogo strategico per gli eserciti e per i commerci e per la difesa dei confini della Repubblica Veneta assediata in quel periodo dalla Lega di Cambrai.

Il 27 agosto del 1511 il castello fu preso d’assalto dall’esercito nemico comandato da Mercurio Bua. In seguito alla sconfitta i francesi s’impossessarono di tutti i suoi beni e Girolamo fu arrestato dal Mare-sciallo di La Palisse.
In prigione Girolamo fece voto alla Madonna di cambiare vita qualora gli fosse stata concessa la grazia di ottenere la libertà. La notte del 27 settembre 1511 gli apparve la Madonna che gli consegnò le chiavi per uscire di prigione e poi scomparve. Sotto la sua protezione il santo fuggì e giunse fino alle porte di Treviso.

Depose i ceppi e le catene della sua prigionia di fronte all’immagine della Madonna Grande di Treviso, dove sono tutt’oggi conservate.

Ritornato a Venezia continuò a praticare la vita militare, ma nel frattempo iniziò a pregare, a confessarsi, ad esercitarsi nella carità e a fare penitenza. Nel 1528 una terribile carestia colpì tutto il nord Italia.

Il santo si unì ai volontari per prestare soccorso alla popolazione. In pochi giorni spese tutto il denaro che possedeva. Fu contagiato dalla peste, ma guarì miracolosamente e diede inizio alla sua missione: la cura di tutti i bisognosi, dagli orfani agli anziani abbandonati alle prostitute. Girolamo curò particolarmente i ragazzi poveri e abbandonati che vagavano per le calli veneziane.

La sua esperienza spirituale maturò all'interno della riforma cattolica attraverso il movimento del Divino Amore e vicino a personaggi come Gaetano da Thiene (fondatore dei teatini) e il cardinale Gian Pietro Carafa (poi papa Paolo IV) che lo convinsero a proseguire nella carità.

Il 6 febbraio 1531 lasciò definitivamente la casa paterna e sostituì gli indumenti patrizi con un saio. Andò a vivere con gruppo di trenta ragazzi di strada, nel quartiere San Rocco e fondò il “San Basilio”, il primo orfanotrofio retto con concezioni moderne, nel quale il santo si impegnò non solo a sfamare gli orfani, ma anche a dar loro una educazione religiosa e ad insegnare loro un mestiere. La fama di uomo di carità incominciò ad uscire dai confini della città di Venezia. Attorno a lui si radunarono parecchie persone per dargli una mano in quest’opera di carità.
Il vescovo di Bergamo lo chiamò per aprire delle case per ospitare gli orfani. Il suo principio pedagogico era “preghiera, carità e lavoro”.
Si recò a Milano, Pavia e a Como. Poiché il numero dei collaboratori aumentava, Girolamo diede un’organizzazione al gruppo, scegliendo il nome di “Servi dei Poveri”. La nuova famiglia religiosa fu approvata da papa Paolo III nel 1540. San Pio V, nel 1568, elevò i “Servi dei poveri” a ordine religioso con il nome di Chierici Regolari di Somasca o Padri Somaschi.
Il nome “somaschi” deriva dal toponimo di Somasca, piccolo paese vicino a Lecco, dove Girolamo si ritirò a vivere con i suoi orfani. In quel luogo, che si trova nella Valle di San Martino, vi era un promontorio roccioso sul quale si elevava un vecchio castello abbandonato (che la leggenda indica come residenza dell’Innominato manzoniano). Sotto al castello vi era una spianata, la Valletta, dove il santo aprì una scuola e un seminario per la Compagnia. Nel 1537 la peste colpì anche il territorio di Somasca.

Girolamo fu contagiato e sentendo vicina la sua fine, radunò attorno a sé i suoi compagni e li esortò a seguire sempre la via tracciata da Gesù Crocifisso. Morì nella notte tra il 7 e l’8 febbraio del 1537. Nel 1767 Girolamo fu proclamato santo e nel 1928, papa Pio XI lo proclamò patrono universale degli orfani e della gioventù abbandonata.

Data: 02/02/2014



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