Venerdì, 29 Marzo 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

I DOMENICA DI QUARESIMA

I DOMENICA DI QUARESIMA

IL COMMENTO DI DON DOGLIO

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PRIMA LETTURA

Dal libro della Gènesi

Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente.
Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male. 
Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di alcun albero del giardino”?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”». Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male». 
Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.

SALMO

Perdonaci, Signore: abbiamo peccato.

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia 
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro. 

Sì, le mie iniquità io le riconosco,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
Contro di te, contro te solo ho peccato,
quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto. 

Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.

Rendimi la gioia della tua salvezza,
sostienimi con uno spirito generoso.
Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode.

SECONDA LETTURA

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 

Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato.
Fino alla Legge infatti c’era il peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la Legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato a somiglianza della trasgressione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire. 
Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio, e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti. E nel caso del dono non è come nel caso di quel solo che ha peccato: il giudizio infatti viene da uno solo, ed è per la condanna, il dono di grazia invece da molte cadute, ed è per la giustificazione. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo.
Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti.

VANGELO

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”».
Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

LA SANTA

FONTE:”il popolo”

Il 9 marzo la Chiesa ricorda santa Caterina Vigri, nota come santa Caterina da Bologna. Benedetto XVI, il 29 dicembre 2010, le ha dedicato la catechesi del mercoledì.

Nacque a Bologna l’8 settembre 1413, primogenita di Benvenuta Mammolini e di Giovanni de’ Vigri, patrizio ferrarese ricco e colto, al servizio di Niccolò III d’Este, marchese di Ferrara. Le notizie sull’infanzia di Caterina sono scarse e non tutte sicure. Da bambina visse a Bologna, nella casa dei nonni.

A dieci anni andò a Ferrara come damigella d’onore di Margherita, figlia naturale di Niccolò III d’Este.

A Ferrara arricchì la sua cultura: studiò musica, pittura, danza; imparò a suonare la viola; diventò e-sperta nell’arte della miniatura e della copiatura; perfezionò lo studio del latino. Apprendeva con facilità e mostrava grande prudenza e gentilezza nel comportamento.

Nel 1427, a soli quattordici anni, anche in seguito ad alcuni eventi familiari, Caterina decise di lasciare la corte, per unirsi a un gruppo di giovani donne provenienti da famiglie gentilizie che facevano vita comune, consacrandosi a Dio.

Notevoli furono i suoi progressi spirituali in questa nuova fase della vita, ma grandi e terribili le prove, le sofferenze interiori, soprattutto le tentazioni del demonio.

Attraversò una profonda crisi spirituale fino alle soglie della disperazione. Visse la notte dello spirito, tentata anche dall’incredulità verso l’Eucaristia. Il Signore però la consolò: in una visione le donò la chiara conoscenza della presenza reale eucaristica, una conoscenza così luminosa che Caterina non riuscì ad esprimerla con le parole. Nello stesso periodo una prova dolorosa si abbattè sulla comunità: ci furono tensioni tra chi vuole seguire la spiritualità agostiniana e chi quella francescana. Tra il 1429 e il 1430 la responsabile del gruppo, Lucia Ma-scheroni, decise di fondare un monastero agostiniano. Caterina, invece, con altre, scelse di legarsi alla regola di santa Chiara d’Assisi.

Nel 1429 durante una confessione pregò intensamente il Signore di donarle il perdono di tutti i peccati e della pena ad essi connessa. Dio le rivelò in visione di averle perdonato tutto. Il demonio, però, continuò ad assalirla ed ella si affidò al Signore e alla Vergine Maria. Nel trattato autobiografico e didascalico, “Le sette armi spirituali”, Caterina offrì  insegnamenti di grande saggezza e di profondo discernimento.

Dal suo scritto traspare la purezza della sua fede in Dio, la profonda umiltà e la passione per la salvezza delle anime. Individua sette armi nella lotta contro il male che sono: avere cura e sollecitudine nell’operare sempre il bene; credere che da soli non potremo mai fare qualcosa di veramente buono; confidare in Dio e, per amore suo, non temere mai la battaglia contro il male; meditare spesso gli eventi e le parole della vita di Gesù, soprattutto la sua passione e morte; ricordarsi che dobbiamo morire; avere fissa nella mente la memoria dei beni del Paradiso; avere familiarità con la Santa Scrittura.

In convento compiva i servizi più umili, con amore e disponibilità.

Per obbedienza accettò l’ufficio di maestra delle novizie, nonostante si ritenesse incapace di svolgere l’incarico. In seguito le fu affidato il servizio del parlatorio.

Nel 1456, al suo monastero fu richiesto di creare una nuova fondazione a Bologna.

Caterina avrebbe voluto rimanere a Ferrara, ma il Signore le apparì e la esortò a compiere la volontà di Dio andando a Bologna come abbadessa. Si recò a Bologna con diciotto consorelle. Da superiora era sempre la prima nella preghiera e nel servizio; visse in profonda umiltà e povertà. Sebbene sofferente e con gravi infermità che la tormentavano, svolse il suo servizio con generosità e dedizione. All’inizio del 1463 le infermità si aggravano. Dopo aver ricevuto gli ultimi Sacramenti, consegnò al confessore lo scritto “Le sette armi spirituali” ed entrò in agonia; spirò dolcemente, pronunciando tre volte il nome di Gesù, il 9 marzo 1463.

Caterina fu canonizzata dal Papa Clemente XI il 22 maggio 1712.

La città di Bologna, nella cappella del monastero del Corpus Domini, custodisce il suo corpo rimasto incorrotto e visibile ai fedeli.

 

Data: 07/03/2014



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