Venerdì, 19 Aprile 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

IV DOMENICA DI PASQUA

IV DOMENICA DI PASQUA

IL COMMENTO DI DON DOGLIO 

PRIMA LETTURA (At 2,14.36-41)
Dio lo ha costituito Signore e Cristo.

Dagli Atti degli Apostoli

[Nel giorno di Pentecoste,] Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò così: «Sappia con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso».

All’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?».

E Pietro disse loro: «Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro».

Con molte altre parole rendeva testimonianza e li esortava: «Salvatevi da questa generazione perversa!». Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno furono aggiunte circa tremila persone.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 22)
Rit: Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.

Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia.

Mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.

Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.

Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.

SECONDA LETTURA (1Pt 2,20b-25)
Siete tornati al pastore delle vostre anime.

Dalla prima lettera di san Pietro apostolo

Carissimi, se, facendo il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio. A questo infatti siete stati chiamati, perché

anche Cristo patì per voi,
lasciandovi un esempio,
perché ne seguiate le orme:
egli non commise peccato
e non si trovò inganno sulla sua bocca;
insultato, non rispondeva con insulti,
maltrattato, non minacciava vendetta,
ma si affidava a colui che giudica con giustizia.

Egli portò i nostri peccati nel suo corpo
sul legno della croce, perché,
non vivendo più per il peccato,
vivessimo per la giustizia;
dalle sue piaghe siete stati guariti.

Eravate erranti come pecore,
ma ora siete stati ricondotti al pastore
e custode delle vostre anime.

VANGELO (Gv 10,1-10)
Io sono la porta delle pecore.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse:
«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore.

Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».

Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.

Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.

Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».

IL SANTO

1/sanfrancescoDeGer.JPGIl santo di questa settimana, che la Chiesa venera l’11 maggio, è san Francesco De Geronimo, sacerdote gesuita, chiamato anche “il missionario di Napoli”. Nacque in Puglia, a Grottaglie, in provincia di Taranto, il 17 dicembre 1642, primo di undici figli. A dieci anni lasciò la sua famiglia per frequentare la scuola S. Mattia aperta presso l’attuale chiesa dedicata alla Madonna del Lume e cominciò a vivere presso i sacerdoti, dai quali gli fu affidata la cura della chiesa quale sagrestano e l’insegnamento del catechismo ai fanciulli. A diciassette anni fu ricevuto nel seminario diocesano a Taranto per iniziare il percorso verso il sacerdozio e iniziò a frequentare il collegio dei Padri Ge-suiti. Vi rimase cinque anni, fino a quando partì per Napoli, per continuare gli studi di Diritto canonico e civile presso la Regia Università.

Per non pesare sul bilancio familiare chiese e ottenne un posto di assistente dei giovani studenti nel collegio dei Gesuiti napoletani.

Nel 1666, fu ordinato sacerdote dal Vescovo di Pozzuoli, nella sua cappella privata. Terminati gli studi, pensava di tornare a Grottaglie per dedicarsi all’evangelizzazione dei suoi compaesani, ma non vi ritornò più, perchè, nel 1670, a 28 anni, chiese di entrare nella Compagnia di Gesù, quando era già laureato in Diritto e prossimo a laurearsi in Teologia.

Francesco, infatti, sentiva una spiccata tendenza alla preghiera, ma anche all’azione. Sotto questo aspetto, la vita del sacerdote diocesano gli andava stretta. Lo spirito e lo stile di vita dei Gesuiti lo avevano molto colpito. Dal 1671 al 1674 fu addetto ai ministeri apostolici in Puglia, particolarmente nella diocesi di Lecce. Come nella vita di studente e di assistente dei giovani si erano rivelate le sue eccellenti doti intellettuali e le sue virtù, così nell’attività apostolica si rivelarono le sue doti di apostolo zelante e di predicatore efficace. Francesco pensò di andare missionario nelle Indie, invece trovò la sua missione a Napoli, dove rimase per 40 anni, fino alla morte. La situazione socioreligiosa della grande città, nella seconda metà del seicento, era estremamente difficile. Napoli era il luogo delle contraddizioni. Da una parte, lo splendore medioevale, rinascimentale e barocco e dall’altro lo squallore malsano dei vicoli, dei bassi e dei fondaci, dove in promiscuità viveva la maggior parte della popolazione fatta di piccoli artigiani, commercianti e pescatori.

A questi si aggiungeva una folla di sbandati e diseredati in cerca di fortuna. Una massa in lotta continua con la sopravvivenza e nella quale il degrado umano e cristiano era enorme. Le scelte apostoliche di Francesco De Geronimo caddero proprio su questa parte di Napoli.

L’amò con l’amore di Cristo e ne condivise la vita, che si svolgeva, quasi esclusivamente, sulle pubbliche strade. Esse divennero il suo ordinario campo di lavoro apostolico.

Se si eccettuano le poche ore di sonno e quelle dedicate alla preghiera, il resto della sua vita lo trascorse con la povera gente, per le strade e per le piazze. Attraverso il ministero della parola e dei sacramenti e attraverso una catechesi popolare continua, egli attuò un’opera di risanamento morale, umano e cristiano molto significativo. Prese parte tante volte a missioni in altre regioni del regno di Napoli quali l’Abruzzo, le Puglie, il Sannio.

Manifestò la sua personalità taumaturgica nel 1707, quando l’esercito austriaco occupò Napoli scacciando gli spagnoli di Filippo V. Pare che egli fece in modo di impedire che gli spagnoli, asserragliati nelle fortezze bombardassero la città, facendo da mediatore. Si adoperò a dif-fondere intensamente la devozione ai Santi Ciro e Giovanni, medici martiri dei primi secoli del cristianesimo e alla loro intercessione attribuiva tanti prodigi e conversioni.

La sua opera di evangelizzazione partiva dai quartieri più poveri e si concludeva nella chiesa del Gesù Nuovo, per i sacramenti della confessione e della comunione. Curava molto la terza domenica del mese, destinata alla comunione generale.

Morì l’11 maggio 1716. Fu beatificato nel 1806 e canonizzato il 26 maggio 1839. Il corpo fu collocato prima nella chiesa del Gesù Nuovo di Napoli e poi nella chiesa di Grottaglie, suo paese natale.

Data: 08/05/2014



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