Venerdì, 29 Marzo 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

SANTI PIETRO E PAOLO APOSTOLI

SANTI PIETRO E PAOLO APOSTOLI

IL COMMENTO DI DON DOGLIO

PRIMA LETTURA (At 12,1-11)
Ora so veramente che il Signore mi ha strappato dalla mano di Erode.

Dagli Atti degli Apostoli

In quel tempo il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa. Fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni. Vedendo che ciò era gradito ai Giudei, fece arrestare anche Pietro. Erano quelli i giorni degli Àzzimi. Lo fece catturare e lo gettò in carcere, consegnandolo in custodia a quattro picchetti di quattro soldati ciascuno, col proposito di farlo comparire davanti al popolo dopo la Pasqua.
Mentre Pietro dunque era tenuto in carcere, dalla Chiesa saliva incessantemente a Dio una preghiera per lui. In quella notte, quando Erode stava per farlo comparire davanti al popolo, Pietro, piantonato da due soldati e legato con due catene, stava dormendo, mentre davanti alle porte le sentinelle custodivano il carcere.
Ed ecco, gli si presentò un angelo del Signore e una luce sfolgorò nella cella. Egli toccò il fianco di Pietro, lo destò e disse: «Àlzati, in fretta!». E le catene gli caddero dalle mani. L’angelo gli disse: «Mettiti la cintura e légati i sandali». E così fece. L’angelo disse: «Metti il mantello e seguimi!». Pietro uscì e prese a seguirlo, ma non si rendeva conto che era realtà ciò che stava succedendo per opera dell’angelo: credeva invece di avere una visione.
Essi oltrepassarono il primo posto di guardia e il secondo e arrivarono alla porta di ferro che conduce in città; la porta si aprì da sé davanti a loro. Uscirono, percorsero una strada e a un tratto l’angelo si allontanò da lui.
Pietro allora, rientrato in sé, disse: «Ora so veramente che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode e da tutto ciò che il popolo dei Giudei si attendeva».

SALMO RESPONSORIALE (Sal 33)

Rit: Il Signore mi ha liberato da ogni paura.

Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.

Magnificate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore: mi ha risposto
e da ogni mia paura mi ha liberato.

Guardate a lui e sarete raggianti,
i vostri volti non dovranno arrossire.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo salva da tutte le sue angosce.

L’angelo del Signore si accampa
attorno a quelli che lo temono, e li libera.
Gustate e vedete com’è buono il Signore;
beato l’uomo che in lui si rifugia.

SECONDA LETTURA (2Tm 4,6-8.17-18)
Ora mi resta soltanto la corona di giustizia.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo

Figlio mio, io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede.
Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione.
Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone.
Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

VANGELO (Mt 16,13-19)

Tu sei Pietro, a te darò le chiavi del regno dei cieli.

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

IL SANTO

La Chiesa il 26 giugno fa memoria di Sant’Antelmo monaco certosino  francese e vescovo di Belley.

1/anselmo.JPGNacque nel 1107 da Arduino de Migain, nobile della contea di Savoia, nel castello di Biguerne a Chignin, a dodici chilometri da Chambéry. Fin da adolescente preferì la solitudine e la preghiera alla vita mondana. Dopo gli studi, divenne segretario della chiesa di Ginevra e poi del vescovo di Belley, presso la cattedrale di San Giovanni.

All’età di venticinque anni entrò nel monastero di certosino di Bugey e tre anni dopo fu ordinato sacerdote da Bernard de Portes, vescovo di Belley e suo parente. Apprezzato per le sue enormi capacità organizzative fu mandato alla Grande Chartreuse, vicino a Grenoble, per compiere il noviziato.
Al termine Antelmo, per le sue doti di valente amministratore, fu nominato procuratore e curatore dei beni della certosa. Dopo pochi anni, dopo le dimissioni di Ugo di Grenoble, fu eletto come settimo priore della Grande Chartreuse. Sotto il suo priorato Antelmo si dedicò alla rinascita sia spirituale sia materiale della certosa fondata da San Bruno.

La comunità, infatti, aveva subito ingenti danni materiali a seguito di una valanga nel 1132. Il santo si impegnò per la ricostruzione del complesso monastico dotandolo di un nuovo acquedotto e per ricondurre i confratelli al rispetto della regola originaria dell’Ordine.
Inoltre ebbe la felice intuizione di riunire tutti i priori delle certose esistenti a quell’epoca per cercare di mantenere tra loro l’uniformità della disciplina monastica nata da San Bruno e poi redatta da Guigo nelle “Consuetudines Domus Cartusiae”.

Il primo Capitolo Generale si tenne il 18 ottobre 1142, presso la Grande Chartreuse e i priori delle certose stabilirono delle regole comuni e decisero che vi fosse un Priore Generale al vertice della gerarchia dell’Ordine certosino.
Fu deciso che tale mandato doveva essere svolto dal Priore della Casa madre, ovvero della Grande Chartreuse, per cui fu investito di tale incarico proprio Antelmo, che divenne il primo Generale certosino. Grazie a lui le certose furono tutte collegate tra esse da regole comuni e i certosini divennero un vero Ordine monastico.

Nel 1151 a seguito di una discordia legale Antelmo, sostenuto, dall’amico Bernardo di Chiaravalle, si dimise dall’incarico di priore della Grande Chartreuse.

Nel 1152 Bernardo di Varey fondatore e primo priore della Certosa di Portes, lo nominò come suo successore. Si distinse per le sue azioni caritatevoli, che gli valsero l’appellativo di “padre dei poveri”.
Nel 1154, decise di ritornare alla Grande Chartreuse. In quel periodo si schierò con papa Alessandro III contro l’antipapa Vittore IV e per ringraziarlo, il papa lo obbligò ad accettare la carica di vescovo di Belley.
Fu eletto all’unanimità il 7 settembre 1163 e ordinato nella cattedrale di Bourges.

Anche da Vescovo Antelmo continuò con umiltà la sua opera caritatevole coniugandola con importanti attività diplomatiche.

Fu nominato dal pontefice, legato in Inghilterra, per tentare di far riconciliare Enrico II e il suo cancelliere Tommaso Becket, ma Federico Barbarossa gli impedì di partire. In seguito, l’imperatore per riparare a tale provvedimento lo nominò principe di Belley. Il titolo di principe procurò al santo alcune difficoltà, che lo amareggiarono.

Umberto III, conte di Maurienne,  infatti, non si rassegnò a perdere i diritti su Belley e iniziò una politica di provocazione nei confronti di Antelmo, facendo prima arrestare e poi uccidere un sacerdote. Antelmo scomunicò il conte, ma questi ottenne dal papa Alessandro III, cui era ricorso, l’annullamento della scomunica.
Fu però costretto dal popolo e dal papa a ritornare a Belley. Prima che il santo morisse il conte di Maurienne si pentì e gli chiese perdono. Dopo la morte, avvenuta il 26 giugno 1178, fu scelto come patrono di Belley, che in suo onore, fu chiamata per un certo tempo Antelmopoli.
Nel 1630 le spoglie del santo furono trasferite  in una cappella a lui dedicata e uscite indenni dalla Rivoluzione, il 30 giugno del 1829, il vescovo di Belley le raccolse in un reliquiario donato dalla Grande Chartreuse.

Data: 16/06/2014



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