Venerdì, 26 Aprile 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

Commento alla lettera pastorale

Da "Il Popolo" del 15 Settembre 2016

Se le parole del Vescovo interrogano anche noi che facciamo un giornale

L’umore della platea... in 5 verbi

TORTONA - Il sogno del Vescovo Mons. Vittorio Viola di trasformare la Chiesa di Tortona in una Chiesa missionaria, a distanza di un anno, sta diventando realtà. Pur tra le difficoltà che un progetto così impegnativo comporta, specie negli animi di chi è restio a cambiare mentalità e a guardare lontano. Eppure, da quando Mons. Viola è arrivato tra noi, di passi in avanti ne sono stati fatti. La certezza non viene da grandi rivoluzioni, ma dalla risposta che ognuno è disposto a dare alla domanda che il Signore ci rivolge: “Mi ami?”. Per ben tre volte Gesù pose l’interrogativo al “suo” Pietro, chiamandolo “Simone, figlio di Giovanni”, cioè parlandogli dritto negli occhi (Giovanni, 21,13-19) e per ben tre volte quel Pietro, invece di rinnegarlo, nel più attonito silenzio di qualunque gallo, gli rispose di sì. Al che Gesù concluse: “Pasci le mie pecore” e poi: “Seguimi”.

Chi – nelle parrocchie, negli oratori, negli uffici di Curia, nelle associazioni, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nelle città… – mette al primo posto il bene che vuole al Signore, sta già “trasformando ogni cosa”, come Papa Francesco ci invita a fare nell’Evangelii Gaudium (27).

Volete che il Vescovo vi indichi la strada? Che prenda delle decisioni? Che vi dica come e quando e dove celebrare la Messa? Che scelga i suoi rappresentanti nei vari organi consigliari? Che nomini questo o quel prete in questa o quella sede? Volete un Vescovo risoluto, che non badi soltanto allo Spirito, ma anche alle cose terrene?
Lo volete così perché voi, al suo posto, sapreste perfettamente come comportarvi e siete convinti che il nostro Pastore debba ottemperare al governo della comunità con sano pragmatismo?
Allora vi chiedo: in nome di cosa lo volete? Perché Mons. Viola, circa la questione, ha le idee chiare.
E sabato mattina, al Mater Dei, presentando la sua Lettera pastorale per il 2016-2017, ha detto che “tutto riparte dal nostro incontro con Lui”.

Non a caso il tema del Piano pastorale ha come titolo “Comunione”.
Che significa riprendere a programmare, a fare, a fare crescere, tenendo ben presente che ogni azione “acquista senso nella misura in cui diventa espressione del nostro amore”. Se ci lasciamo “guarire il cuore dal suo amore che mangiamo nel pane eucaristico”, se gustiamo la gioia dell’incontro con Lui, il lavoro diventerà meno faticoso, aumenterà la voglia di collaborare, di dedicarsi al servizio, di trovare soluzioni ai problemi.
Non che i problemi scompariranno, ma sapremo come affrontarli.

Il messaggio del Vescovo mi sembra molto veritiero.
E lo faccio mio, qui al giornale, ben sapendo che partendo da certi presupposti, l’impegno di scrivere, riflettere, pensare, arrivare a non “bucare” le notizie, fare tesoro delle critiche, programmare e impaginare e leggere… sarà meno gravoso. “Non c’è nessun fallimento, fosse anche dovuto alla nostra infedeltà, che non possa essere guarito dall’accoglienza del suo amore per noi” (Lettera pastorale, 17). Si continua, così, una riflessione iniziata proprio al Mater Dei un anno fa, con la certezza che “se saremo centrati nel Signore, docili all’ascolto della sua Parola e alla grazia dei sacramenti, capaci di riconoscerlo nei poveri”, le strategie e le spinte programmatiche e il percorso da seguire per realizzare qualcosa saranno più chiari e più “luminosi”. Anzi, “illuminati”.

Chi ha ascoltato le parole del Vescovo Vittorio di sabato mattina, si è sentito interrogato.
Il suo dire, in realtà, non voleva mettere alla prova nessuno, ma condividere un’idea e una prassi.

Chi leggerà la Lettera pastorale troverà le indicazioni da seguire.

A caldo i commenti dei presenti restituivano la bontà di un discorso che ha preso a prestito anche le esternazioni di Papa Francesco e la somma delle conclusioni maturate nel Convegno nazionale della Chiesa italiana di Firenze (novembre 2015).

Ecco che qualcuno si è più concentrato sull’esigenza di “uscire” cioè di cambiare stile: non si tratta per forza di fare cose nuove, ma di dare all’azione pastorale uno slancio che faccia giungere la sua forza lontano, dal centro alle valli, al cuore di chi non crede.
Si tratta di essere testimoni, di lanciare un messaggio non con le prediche, ma con i fatti.
Qualcun altro ha posto il problema di “annunciare” cioè della necessità ineludibile di creare relazioni forti, vere, sane, senza personalismi e pettegolezzi.
Annunciare è sinonimo di fare comunione, evitando campanilismi e invidie.
Un signore di mezza età mi ripeteva che avrebbe voluto che suo figlio fosse stato presente per ascoltare con le sue orecchie quanto il Vescovo diceva.

Mi ha suggerito che il verbo “abitare”, in fondo, si concretizza in questo: abitare l’altro, ascoltarlo.
Ecco il tema del dialogo tra generazioni così che anch’io avrei voluto incontrare qualche giovane in più all’assemblea di sabato.
Una famiglia di Novi Ligure, con il loro bellissimo bambino, era l’icona di un altro verbo: “educare”.
E ciò che hanno appreso da Mons. Viola, l’hanno subito trasferito alla loro esperienza personale e quotidiana di piccola Chiesa domestica.
La domanda che si sarebbero posti di lì a poco sarebbe stata: noi amiamo il Signore? Anzi, noi ci amiamo?

Perché nelle famiglie, nelle comunità, nei gruppi cresca la certezza che amandosi, si ama Lui e il prossimo e che il nostro amore reciproco è il distillato del Suo amore per noi.
Infine, tutti, chi più chi meno, compresi i più riottosi, sarebbero ritornati a casa con la sensazione che il punto di ripartenza potrebbe essere affidato alla voce del verbo “trasfigurare”. Gesù di Nazaret ha trasfigurato tutto e tutti. Nessuno è rimasto indifferente al suo passaggio.

Davanti all’invito del Vescovo non ho bisogno né di nomi né di aggettivi, ma di verbi sì, poiché indicano l’agire.

Né c’è stato bisogno di intervistare tutti i presenti per raccontarvi l’umore della platea.
Ripartire dall’incontro con Lui è ripartire anche da qui, da questo settimanale, riflettendo sul senso primario della proposta che Mons. Viola ci ha fatto.

Prima della cronaca, comunque prima del commento.

Sicuramente prima di progettare un giornale che non sia lo specchio di una Chiesa missionaria.

Matteo Colombo

Data: 15/09/2016



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