Lunedì, 13 Maggio 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

LA SETTIMANA IVª DEL TEMPO ORDINARIO

LA SETTIMANA IVª DEL TEMPO ORDINARIO

IL VANGELO DELLA DOMENICA

Lc 4,21-30

In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?».
Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso.
Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

IL COMMENTO

fonte: IL POPOLO

“Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. La prima frase del vangelo della IV domenica del tempo ordinario riprende l’ultima della scorsa domenica: continua l’episodio di Gesù nella sinagoga di Nazaret, con l’annuncio- shock che il Messia atteso da secoli era finalmente arrivato, era lui.

La reazione dei suoi compaesani, superato il primo stupore, fu di incredulità: come può essere il Messia, l’inviato da Dio a compiere grandi cose, quest’uomo vissuto sempre qui tra noi, senza mai dare segni di essere diverso da noi? Come può riscattare il nostro popolo, questo figlio di Giuseppe, falegname come suo padre?
Si è sentito dire che abbia fatto miracoli a Cafarnao: ebbene, se vuole che gli crediamo li faccia anche qui, nel suo paese, davanti a noi!
Nessuno è un eroe, per il suo cameriere: questo celebre detto di Michel de Montaigne coglie bene il fatto che la familiarità, la consuetudine di vita con una persona dà solo l’illusione di conoscerla, facendo dimenticare che ogni persona è un mondo mai completamente esplorato; ognuno in realtà si porta dentro pensieri, sentimenti e risorse insospettabili, che se hanno occasione di manifestarsi lasciano gli altri quanto meno sconcertati.

Tanto più se si manifestano fuori dal consueto ambito di vita, dove spesso sono bloccati proprio dai pregiudizi altrui.
Ai suoi compaesani increduli, in certo modo anticipando Montaigne, Gesù rispose con una frase lapidaria divenuta proverbiale: “Nessuno è profeta in patria”, e a dimostrarlo citò due esempi tratti dalla storia d’Israele, non nuova a episodi di incomprensione e rifiuto dei profeti, proprio da parte del popolo cui Dio li aveva inviati. Elia, osteggiato e perseguitato in patria, compì prodigi a favore di una straniera, una povera vedova libanese che invece si era fidata di lui, così come un altro straniero, un generale siriano, aveva dato retta al profeta Eliseo (i due episodi sono narrati rispettivamente nel Primo libro dei Re e nel Secondo libro dei Re).

Ma il monito di Gesù non ebbe effetto: “All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno.
Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù”.
Quella volta i connazionali di Gesù non riuscirono nel loro intento; ma il racconto dell’evangelista suona come un preannuncio di quanto sarebbe accaduto in seguito: rifiutato proprio dai suoi sino alla condanna a morte, egli trovò larga accoglienza ed elargì i suoi benefici di là dai confini del suo popolo, tra gli stranieri, cioè proprio tra coloro che Israele riteneva esclusi dalle amorose sollecitudini di Dio.

Perciò l’episodio di Nazaret è anche un invito a considerare che nessuno, a qualunque popolo appartenga, è escluso dalla divina misericordia; si capisce allora quanto artificiose (e perciò ingiuste, e pericolose in quanto fonte di conflitti) siano le barriere che gli uomini si affannano ad erigere tra loro: i muri, i ghetti, i fili spinati, le reciproche esclusioni basate sulla razza, sulla religione, sul censo, sul grado d’istruzione e così via.

E al confronto, quanto brilla la Chiesa voluta da Gesù, dove ai vertici, cioè alla santità, possono giungere lo scapestrato e il giusto, l’analfabeta e il sapiente, il re e il popolano, uomini e donne, giovani e vecchi; la Chiesa, che non conosce confini, e nel suo universalismo indica un sicuro cammino verso un mondo pacificato; la Chiesa, dove nessuno è straniero, perché tutti sono figli di Dio.

SALMO RESPONSORIALE 

Salmo 70 (71)

R. La mia bocca, Signore, racconterà la tua salvezza.

In te, Signore, mi sono rifugiato,

mai sarò deluso.

Per la tua giustizia, liberami e difendimi,

tendi a me il tuo orecchio e salvami. R.

 

Sii tu la mia roccia,

una dimora sempre accessibile;

hai deciso di darmi salvezza:

davvero mia rupe e mia fortezza tu sei!

Mio Dio, liberami dalle mani del malvagio. R.

 

Sei tu, mio Signore, la mia speranza,

la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza.

Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno,

dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno. R.

 

La mia bocca racconterà la tua giustizia,

ogni giorno la tua salvezza.

Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito

e oggi ancora proclamo le tue meraviglie. R.

 

IL SANTO DELLA SETTIMANA    

fonte: IL POPOLO

Questa settimana raccontiamo la vita della santa francese Giovanna di Lestonnac, la cui memoria ricorre il 2 febbraio.

Jeanne de Lestonnac nacque a Bordeaux, il 27 dicembre 1556 primogenita di sette figli. Suo padre era consigliere del parlamento di Parigi mentre la madre, Giovanna, di fede ugonotta, era sorella del filosofo Michel Eyquem de Montaigne, uno dei più illustri pensatori di Francia e sostenitore del partito cattolico.

Suo padre era cattolico, mentre sua madre era diventata calvinista. La bambina fu battezzata da un sacerdote cattolico con il nome della madre, Giovanna, che affidò l’educazione della bambina a precettori calvinisti.

La madre le parlò sempre con disprezzo del cattolicesimo, ma Giovanna, tredicenne, mentre pregava, sentì una voce interiore che le disse: “Guardati figlia mia, dal lasciare spegnere questo sacro fuoco, che ti ho acceso in cuore e che ti porta con tanto ardore al mio servizio”.

Durante l’adolescenza, Giovanna conobbe i Gesuiti, un Ordine religioso arrivato da poco a Bordeaux, essendo stato fondato a Parigi nel 1534. Maturò anche l’idea di farsi monaca, ma poi decise di obbedire al padre, che nel 1573, la diede in sposa al nobile Gastone di Montferrand, barone di Landiras, da cui ebbe sette figli. Tre di questi morirono piccoli. Nel 1597, dopo 24 anni di matrimonio, rimase vedova e dopo aver sistemato i quattro figli, sentì il desiderio di adoperarsi per l’educazione della gioventù.

Per sei anni visse nel ritiro e nella preghiera e nelle visite ai poveri, ai malati e ai prigionieri. Nel 1603 chiese e ottenne di entrare tra le Fogliantine di Tolosa, un nuovo Ordine di religiose, nato nel 1588, come ramo femminile dei Cistercensi riformati, che si erano riuniti nell’abbazia di Feuillant, in Guascogna, per reagire alla decadenza del loro Ordine.

Quando entrò aveva già 47 anni e il suo fisico non riuscì a sopportare la dura disciplina e dopo sei mesi dovette tornare casa. Nel 1604 a Bordeaux scoppiò la peste. La santa si prodigò nell’assistenza e intorno a lei si radunò un gruppo di giovani donne. Il gesuita P. Giovanni de Bordes concepì allora l’idea di istituire un Ordine femminile sullo stampo della Compagnia di Gesù per l’educazione delle fanciulle e individuò proprio in Giovanna la persona designata da Dio.

La santa e le sue compagne si dedicarono allo studio delle regole e della spiritualità di S. Ignazio e fondarono la Compagnia di Maria Nostra Signora, approvata a Bordeaux dall’arcivescovo François d’Escoubleau de Sourdis il 25 marzo del 1606 e poi a Roma, il 7 aprile del 1607 da papa Paolo V.

La Compagnia di Maria fu affiliata all’Ordine di S. Benedetto, educatore dell’Europa, e nel 1609, sotto la guida di P. de Bordes, aprì le scuole modellate su quelle protestanti. Per volontà della fondatrice ogni anno le alunne si consacravano alla Vergine, nella ricorrenza liturgica della sua presentazione al tempio.

La santa era sempre la prima al coro e al refettorio, quando bisognava praticare le penitenze. In memoria della Passione del Signore, ogni venerdì scendeva in cucina per lavare i piatti e ogni sabato serviva al secondo turno di mensa riservato alle sorelle coadiutrici.

Praticò con vero rigore la povertà tanto che nel 1622 le tolsero la carica di superiore e lei se ne andò da Bordeaux. Sei anni dopo, però, la richiamarono alla guida della comunità. Nel 1626, intanto, Madre de Lestonnac andò a fondare il monastero di Pau, dove rimase fino al 1634.

Quando tornò a Bordeaux diede un ultimo ritocco alle Regole dell’Ordine che furono stampate nel 1638. Morì di apoplessia il 2 febbraio1640 all’età di 84 anni, quando il suo istituto contava già 30 case. Le sue reliquie sono venerate nella prima casa dell’Ordine, a Bordeaux.

Fu beatificata nel 1900 e canonizzata il 15 maggio del 1949 da papa Pio XII.

Data: 30/01/2013



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