Lunedì, 29 Aprile 2024
Diocesi di Tortona
Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Guido Marini
Vescovo

XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

PRIMA LETTURA

Dal libro della Sapienza
Quale, uomo può conoscere il volere di Dio?
Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?
I ragionamenti dei mortali sono timidi
e incerte le nostre riflessioni,
perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima
e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni.
A stento immaginiamo le cose della terra,
scopriamo con fatica quelle a portata di mano;
ma chi ha investigato le cose del cielo?
Chi avrebbe conosciuto il tuo volere,
se tu non gli avessi dato la sapienza
e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito?
Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra;
gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito
e furono salvati per mezzo della sapienza».

SALMO RESPONSORIALE

Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.

Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo».
Mille anni, ai tuoi occhi,
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte.

Tu li sommergi:
sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca.

Insegnaci a contare i nostri giorni
E acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi!

Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda.

SECONDA LETTURA

Dalla lettera a Filèmone
Carissimo, ti esorto, io, Paolo, così come sono, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù. Ti prego per Onèsimo, figlio mio, che ho generato nelle catene. Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore.
Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo, ora che sono in catene per il Vangelo. Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario. 
Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore.

Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso.

IL VANGELO DELLA DOMENICA

Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: 
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. 
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. 
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

IL COMMENTO

Voler essere discepoli del Cristo significa avere scelto e deciso di seguirlo, significa avere scelto Cristo come unico punto di riferimento della e nella nostra vita. Lo seguiamo perché lo amiamo e perché abbiamo fondato su di lui, e solo su di lui, il nostro progetto di vita. 

Vivremo, nonostante tutto, infedeltà ed errori quotidiani, ma non saranno questi a troncare la nostra sequela se sapremo accettarli e viverli come limite e quindi come parte della croce, fatta di grandi e piccole sofferenze, che ogni giorno ci è chiesto di portare.

"Chi vuol essere mio discepolo, deve amarmi più di quanto ami il padre, la madre, la moglie, i figli e persino se stesso; chi vuol essere mio discepolo, porti la sua croce dietro di me". 
Così disse un giorno Gesù alla folla che lo seguiva: parole drastiche, si direbbe fatte apposta per scoraggiare quanti gli andavano appresso. A differenza di tanti demagoghi in cerca di facili consensi, pronti a promettere anche la luna pur di trovare chi gli consenta di realizzare i propri piani, egli non nasconde le difficoltà che comporta l'essere suoi amici. Chi pensasse che vivere da cristiani sia una passeggiata tra prati in fiore, è avvertito: in realtà significa mettere sempre Lui al primo posto. Quando si trovasse di fronte a facili occasioni di vantaggi e soddisfazioni personali che lui non approva, quando anche gli affetti più cari risultassero incompatibili con lui, per un cristiano non c'è dubbio possibile su quale deve essere la scelta, costi quel che costi.

In proposito, la storia trabocca di casi esemplari. Duemila anni costellati di martiri attestano che tanti uomini e donne hanno preferito rinunciare alla propria vita, pur di non tradirlo; tanti altri santi (per parlare di casi conosciuti; chissà quanti, poi, sono noti solo a Dio) hanno accantonato onori e ricchezze e ogni altro vantaggio offerto da questo mondo pur di restare suoi amici, talora lottando anche contro tutto e tutti.

Nella normalità dei casi, ovviamente, non occorre arrivare a tanto; ma la regola resta la stessa: niente e nessuno è più importante di Gesù, e se metterlo al primo posto comporta rinunce, ecco: questa è la croce da portare. Del resto, essere cristiani è una scelta, non un obbligo, e come tutte le scelte va compiuta dopo averci ragionato, valutando i pro e i contro.

Lo stesso Gesù invita a farlo, con un paio di esempi riportati anch'essi nel vangelo di questa domenica: "Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolarne la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila?" Così, sottintende, chi vuole dirsi cristiano deve essere consapevole di che cosa comporta, deve valutare come si configura la sua vita, presente e futura, con o senza di lui. 
Senza di lui, tutto appare più facile e comodo: vivo come mi pare, spremendo da ogni giornata tutto il succo di vantaggi e piaceri che ne posso trarre, avvalendomi di quanto dispongo e servendomi degli altri per realizzare i miei intendimenti; se poi gli altri ne patiscono, che importa a me?

La realtà però è spesso diversa: la mia presunta libertà mi lascia spesso insoddisfatto; le cose non vanno sempre come vorrei, e quand'anche riescono mi lasciano sempre un retrogusto amaro, talora tanto forte da portarmi alla disperazione. Con lui, invece, devo rinunciare a tante cose, devo farmi carico di chi mi sta intorno per dargli attenzione e aiuto; ma alla sera non fatico a prender sonno, perché non ho nulla di cui vergognarmi, so di avere speso la mia giornata al meglio delle mie possibilità, so che sto dando alla mia vita un senso e uno scopo, di cui un giorno raccoglierò pienamente i frutti. Senza di lui adesso, il pensiero di quel giorno semplicemente mi atterrisce; con lui sin da ora, quel giorno, il giorno senza tramonto, posso confidare di trascorrerlo sempre con lui. C'è di meglio?

IL SANTO DELLA SETTIMANA 

Tra i santi che la Chiesa commemora c’è anche una santa “domestica” invocata come patrona dei contadini, delle domestiche e del riposo dal lavoro.

1/S.Notburga1.JPGSi tratta di Santa Notburga, vissuta nel XIV sec., che si venera il 14 settembre.

Il suo culto si diffuse notevolmente in Austria, Istria, Baviera e Tirolo, dove nacque e visse.

Su di lei sono state scritte numerose “Vitae” e libri di devozione ed è stata raffigurata in tante opere d’arte. Fu canonizzata da Pio IX nel 1862. Non si sono però conservate fonti contemporanee sulla sua vita. Il testo più antico relativo ad essa è un pannello votivo in legno utilizzato come elemento decorativo posto sul suo luogo di sepoltura. Esso scomparve nel 1862, ma il testo che vi era contenuto fu copiato prima della sparizione.

Questo testo fu trascritto in latino ed è conservato nel Museo Ferdinandeum di Innsbruck.

Riporta il racconto di numerosi miracoli e prodigi verificatesi dopo la sua morte. Secondo la tradizione nacque nel 1265 a Rotten-burg nel Tirolo del Nord, era una donna non sposata e nata da una famiglia di poveri contadini.

All’età di diciotto anni entrò al servizio del Conte del castello di Rottenburg in qualità di cuoca ed era solita distribuire ai poveri tutto ciò che avanzava dalla tavola dei padroni. Un giorno andò a servizio presso un contadino ad Eben, con il quale stabilì che dai vespri del sabato fino al lunedì mattina, non avrebbe lavorato per santificare degnamente la domenica.

L’uomo prima accettò, poi cominciò a lamentarsi, perché riteneva questa interruzione troppo dannosa al suo lavoro agricolo.

Notburga si arrabbiò e, secondo una leggenda, prese una falce, chiamò Dio a testimone del patto e lanciò l’attrezzo in aria.

Questo rimase immobile nel vuoto, lasciando l’uomo allibito.

Proprio questo episodio è la ragione del fatto che nell’iconografia il suo simbolo è la falce.

Notburga però dopo questo fatto abbandonò il contadino e tornò a fare la cuoca al castello di Rottenburg, continuando nella sua opera caritatevole, fino alla morte, avvenuta il 14 settembre 1313.

Quando morì, i compaesani che già la ritenevano santa per la vita irreprensibile, affidarono ai buoi la sua salma. Si narra che gli animali dopo aver attraversato miracolosamente il fiume Inn, si fermarono nel paese di Eben am Achensee e il suo corpo fu sepolto nella piccola chiesa del paese che fu poi, più volte, ingrandita e abbellita, anche per diretto interessamento dell’imperatore Massimiliano d’Asburgo.

Nel 1718 le reliquie furono ricomposte secondo l’uso dell’epoca, rivestite con seta, oro e argento e furono esposte sull’altare maggiore in posizione verticale e lì sono tuttora.

Nel Seicento, si racconta che i pellegrini erano soliti asportare un poco di terra dal cimitero di Eben, per usarla contro le malattie che colpivano uomini e animali e che avvennero molti miracoli.

Nel comune di Eben am Achensee è stato aperto anche un museo dedicata a Santa Notburga, che è l’unico museo dell’Austria dedicato ad una santa. Inaugurato nel 2004, il museo mostra oggetti e testi relativi alla vita di Santa Notburga.

Nel 2006 la struttura ottenne anche il premio museale “Tiroler Museumspreis”, perché è un ottimo esempio di museo moderno.

La devozione si è irradiata dal Ti-rolo, seguendo il percorso delle Alpi, l’area slovena, in Istria, in Croazia e nel Goriziano.

Piccole immagini di Notburga si inghiottivano a scopo terapeutico, secondo un uso frequente nella tradizione trentina. Addirittura pare che la sovrapposizione della Madonna al culto di S. Notburga avrebbe dato origine, non solo a livello iconografico, all’effige della “Madonna de sesule di Porzûs”, raffigurata con un falcetto in mano.

APPROFONDIMENTI

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Data: 04/09/2013



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